Gli appassionati di moda lo sanno: le tendenze sono poco durature, talvolta cicliche. Gli stili e i costumi mutano rapidamente, talvolta ritornano, è raro che siano intramontabili, mentre sono spesso effimeri: giusto il tempo di una stagione. Estate, autunno, inverno, primavera. A ognuno la sua. Per gli allenatori del Brescia funziona più o meno così.
Il Rigamonti è ormai diventato una passerella a cielo aperto sulla quale, nelle cinque annate della gestione Cellino, hanno sfilato complessivamente 12 allenatori, 3 dei quali hanno avuto più di una chance. Ne abbiamo visti di tutti i tipi: giovani e maturi; esordienti e navigati; italiani e stranieri; del Nord e del Sud; bresciani e non; di umili origini calcistiche e campioni del mondo.
Nella lunga lista dei 16 mandati presidenziali si evince che la “musa ispiratrice” dello “stilista” sardo è proprio Eugenio Corini, capofila dei tecnici coinvolti in un progetto a dir poco spezzettato, con 65 presenze in panchina spalmate su tre incarichi. Il primo, il più lungo e intenso, è durato 46 partite: un record assoluto reso possibile dalla vittoria della Serie B nel 2019, ma stoppato dopo le difficoltà incontrate nei primi mesi vissuti sotto i riflettori del massimo campionato. Corini è poi tornato: 8 gare per il bis e 11 per il tris, chiuso con i recenti play-off.
Oggi la società ha ufficializzato la separazione consensuale affermando che “anche in questa esperienza Corini ha incarnato al meglio i valori della città”. Tanto da meritarsi, aggiungiamo noi, il terzo accompagnamento all’uscita.
Il Brescia, ora, guarda al futuro, e lo fa con una certa tensione conoscendo la viscerale scaramanzia che affligge il presidente Cellino, perché al prossimo allenatore verrà assegnato l’incarico numero 17 e mentre il patron trema per i possibili influssi deleteri della sfortuna, l’erede del tecnico di Bagnolo Mella dovrà fare i conti con altre cifre appartenenti alla realtà dei fatti, non riconducibili a spauracchi dell’immaginario popolare. La realtà, infatti, è decisamente più agghiacciante della fantasia. La durata media di un allenatore sulla panchina del Brescia corrisponde ad un lasso di tempo brevissimo: 12 giornate, tre mesi calendario alla mano. Poco più di mille minuti di gioco è il tempo a disposizione (mediamente) per convincere chi ti ha scelto a non cacciarti, in una logica sempre più incomprensibile per tifosi e addetti ai lavori, con gli allenatori già spacciati in partenza come i protagonisti della serie tv Squid Game.
Ad abbassare la media, oltre al traghettatore lampo Gastaldello (una giornata) ci sono gli esoneri a dir poco precoci di Boscaglia (8), Pulga (4), Suazo (3), Grosso (3) e Delneri (2). Anche il Corini e il Lopez bis (8), rientrano in questo capitolo.
Con Cellino, dunque, è molto difficile andare in doppia cifra alla voce “presenze”. Ci sono riusciti per un soffio Dionigi (10), Corini nella sua terza esperienza in biancoblù (11), Marino (13), Lopez al debutto (16) e Boscaglia al ritorno (17). Tra i più longevi c’è Clotet (18), ma soprattutto Inzaghi (31), al quale, tuttavia, non sono bastate nemmeno le note clausole contrattuali meritocratiche per evitare l’avvicendamento. Va ricordato che era in piena corsa per la promozione diretta.
Un altro aspetto da tenere in considerazione sta nel fatto che, in questi 5 anni, chi ha iniziato la stagione non l’ha mai conclusa. Quattro allenatori nel 2017-2018; due nel 2018-2019; quattro nel 2019-2020; cinque nel 2020-2021 e due nel 2021-2022. L’anno che verrà inizierà con un volto nuovo, o forse con una vecchia conoscenza. Il timore è che le porte, in entrata e in uscita, saranno sempre girevoli, a meno che sia il modus operandi di Cellino in materia di allenatori, sin qui fallimentare, a diventare fuori moda.