Papa Dadson e il Ghana: "Rimango legato alle mie origini, ma ora mi sento un bresciano doc"

Centrocampista classe 1990, Papa Dadson è nato in Ghana, dove è rimasto fino all’età di sette anni prima di trasferirsi in Italia. La sua prima tappa fu Roma, ma solo per pochi mesi prima di trasferirsi a Brescia, dove insieme alla mamma e ai tre fratelli raggiunse il padre, che in città aveva un lavoro.

In Ghana giocavo a calcio soltanto con gli amici per puro divertimento. Ho iniziato a conoscere e vedere il gioco del calcio da un altro punto di vista quando sono arrivato in Italia. A dire la verità anche a Brescia ho iniziato per gioco e per divertirmi, ma poi le cose sono andate diversamente. La mia prima esperienza qui è stata con l’AC Montichiari. Da lì in poi il calcio è diventato qualcosa di serio. La prima squadra era in Serie C, e si respirava la vera competizione. Giorno dopo giorno volevo impegnarmi sempre di più”.

Quando hai pensato che potesse diventare il tuo lavoro o far parte della tua vita in maniera così importante?
Vedevo i giocatori della prima squadra, soprattutto la domenica quando insieme a mio papà andavamo allo stadio ‘Romeo Menti’. Mi piaceva l’entusiasmo che si creava a ogni partita. Lì ho capito che volevo fare calcio e ce l’ho messa tutta, ogni giorno a ogni allenamento. Vedevo anche i grandi giocatori in tv e provavo a ispirarmi a loro perché provavo grandi emozioni ogni volta”.

Com’è proseguito il tuo percorso calcistico?
“A Montichiari ho giocato fino ai Giovanissimi, poi all’età di 15-16 anni sono andato al Lumezzane. Ricordo di una partita giocata con l’Accademia Montichiari di Gianni Guindani, sapevo quella volta ci sarebbero stati alcuni osservatori e mi impegnai moltissimo per fare del mio meglio. A Lumezzane ho vissuto un bel periodo e ho dei ricordi fantastici. Anche se ero giovane e giocavo con la squadra Berretti, mi allenavo già con i grandi. Non è stato facile, soprattutto all’inizio, perché andavano davvero forte. Ricordo che i primi giorni tornavo a casa stanchissimo e mi chiedevo come potessero correre così tanto, però non ho mollato e ho proseguito ad allenarmi ed impegnarmi. Passare dai giovani ai grandi fu un bel salto, però dai veterani ho imparato davvero tanto, dalle cose basilari a fino alle dinamiche di squadra”.

Dopo Lumezzane sei stato in altre squadre, ma nel 2013 hai deciso di cambiare vita trasferendoti in Inghilterra. Come mai?
“La mia famiglia si era trasferita da qualche tempo nel quartiere Tottenham di Londra e ho voluto raggiungerli con la speranza di poter sfondare in Inghilterra. Mi piaceva molto la Premier così ho deciso di provarci. All’inizio feci alcuni provini, ma non andarono molto bene, poi mi trasferii, sempre con la mia famiglia, a nord di Londra, a Coventry. Lì ho iniziato a giocare con alcune squadre locali al pari dell’Eccellenza o Promozione italiane”.

Nel 2016 il ritorno in Italia.
Pensavo di riuscire a farmi notare, ma non ci sono riuscito. Forse anche perché non mi sono mai abituato allo stile di vita inglese. La mia casa ormai era l’Italia, mi mancavano gli amici, il clima, il cibo e anche il calcio italiano. Avevo nostalgia di tutto, così chiamai il mio agente dicendogli che volevo tornare. Come prima tappa andai al Rezzato in Eccellenza con cui vinsi il campionato, poi negli anni successivi ho giocato in altre squadre, tra cui Trento e Darfo Boario”.

Sei anche tornato a Lumezzane per altri due anni e ora stai giocando da protagonista con la maglia del Prevalle.
Con il Lumezzane ho trascorso tre anni molto belli. Lo scorso campionato è stato molto intenso perché abbiamo disputato una grande stagione. Si era creato un bel gruppo, formato da tanti ottimi calciatori e ognuno aveva voglia di vincere. Alla fine i risultati ci hanno dato ragione. Da questa stagione sono al Prevalle e mi trovo bene. Siamo partiti male, forse anche perché tanti giocatori hanno finito di giocare i play off molto tardi, ma ora le cose stanno cambiando. Anche in allenamento l’intensità è più alta, si iniziano a vedere i frutti del lavoro e anche lo spirito del gruppo è diverso”.

Torniamo a parlare della tua terra e della tua famiglia. Che rapporto hai con loro?
Da quando sono arrivato in Italia non sono più tornato in Ghana. Sono ovviamente legato alle mie origini, in Ghana ho ancora amici e parenti, però mi sento più italiano. Con la mia famiglia ho un buonissimo rapporto, ci sentiamo tutti i giorni e quando ci sono le feste o non appena è possibile vado sempre a trovarli in Inghilterra. La mia casa però è Brescia, dove ho sempre vissuto e dove ora vivo con la mia ragazza. Con la città di Brescia ho un legame molto forte e profondo. Ho qui tutti i miei amici e posso dire di sentirmi un bresciano doc”.

Capitolo Mondiali. Quale effetto fa non vedere l’Italia? Come vedi il Ghana?
Mi dispiace moltissimo che non ci sia l’Italia. Sto seguendo le partite e faccio il tifo per il Ghana anche se con l’Uruguay non abbiamo un buon rapporto visto che già alcuni anni fa ci eliminò. Penso che siano dei Mondiali veramente interessanti perché nessuno è sicuro di passare, il blasone non garantisce il biglietto per gli ottavi e tutte le squadre devono lottare per andare avanti”.

Andrea Grasso

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