Quella passata è stata la stagione della liberazione per il Real Castenedolo, finalmente approdato in Prima Categoria.
Un’annata travagliata, vissuta al vertice della classifica e della tensione, con tre differenti allenatori alla guida tecnica e un presidente fresco di nomina che si è rivelato un autentico talismano: Sergio Facchini. “La mia è una funzione di supporto laterale – ci racconta -, i meriti sono di quelle figure davvero operative all’interno della società, che hanno fatto un ottimo lavoro ottenendo risultati di rilievo. Ho visto carattere nella dirigenza e nei giocatori, anche nei momenti difficili e più delicati. L’approdo in Prima era un chiodo fisso ed esserci arrivati è stato motivo di orgoglio”.
Quello di Facchini è stato un percorso piuttosto comune nel mondo del calcio dilettantistico: da sponsor a presidente. “Ho giocato a calcio tanti anni fa, quindi la passione c’è sempre stata. Ho sostenuto la società per qualche tempo, poi dall’amicizia con il direttore sportivo Massimo Tononi è emersa questa opportunità che, essendo di Castenedolo, ho preso al volo. Come ho impostato la società? Per me è importante delegare e riporre fiducia in tutto staff dirigenziale. All’inizio di questa stagione tutti mi parlavano di salvezza, ma io ho sempre sperato in qualcosa in più e questo girone d’andata (quinto posto a -2 dal podio) mi sta dando ragione. Abbiamo guadagnato questa categoria sudando tantissimo, ora divertiamoci mantenendo lo stesso spirito, fatto di impegno e tenacia”.
Tra i progetti a medio termine del club c’è anche il desiderio di dare vita ad un settore giovanile. “È una prospettiva che ci entusiasma e interessa molto, anche se non è di facile realizzazione perché in paese ci sono tante realtà e pochi spazi. Cominciamo dalla juniores, poi valuteremo i possibili passi successivi”.
A proposito di territorio fertile l’ipotesi di sinergie con Castenedolese e Academy Castenedolese non sembra attualmente percorribili. “È un discorso complicato. Mi dicono che ci sono in ballo questioni di vecchia data da trattare o risolvere, occorrerebbero un coinvolgimento della politica e un nuovo modo di vedere le cose. I rapporti attualmente sono seri e professionali, ma noi stiamo facendo il nostro percorso e siamo molto concentrati su quello. In futuro vedremo”.
Massimo Tononi analizza così il recente passato: “I tre allenatori? La prima fu una scelta di natura tecnica. Dopo il cambio da Cartesan a Panina ci accorgemmo che forse il nuovo mister non aveva accettato l’incarico con l’entusiasmo giusto e dopo un mese di risultati altalenanti arrivarono le sue dimissioni. Cercavamo un tecnico che fosse abile a lavorare con il gruppo ed esperto della categoria. Visto il risultato ottenuto è stato giusto confermare Gardoni, bravo a ricaricare l’ambiente. L’obiettivo iniziale era vincere il campionato, siamo saliti tramite i play-off ma non possiamo lamentarci, anzi. Missione ripetibile? Ci sono rivali più attrezzate e temibili, ma noi siamo lì per dare fastidio”.
Un punto di vista condiviso dal vicepresidente Enrico Bellini: “Salviamoci il prima possibile, poi vedremo quali prospettive ci potranno essere. Siamo fiduciosi perché il gruppo dirigenziale è consolidato, nella squadra c’è entusiasmo e i ragazzi sanno che non ci sono pressioni dall’alto. La Promozione è nei nostri piani, ma non abbiamo urgenza di arrivarci. Siamo subentrati nel 2014 con questo traguardo in testa, prima o poi ci riusciremo”.
Accanto a Tononi c’è Matteo Parrino, figura chiave nella fase di costruzione della rosa: “Abbiamo mantenuto l’ossatura storica aggiungendo un paio di pedine di categoria. Sui giovani è stato fatto un lavoro certosino, bisogna fare i conti con una spada di Damocle che è l’obbligo delle quote, una regola contro-intuitiva in ottica sportiva. Il calcio è performance, avere posto garantito non fa bene a nessuno ed il fatto che ogni regione abbia le sue regole è assurdo”.
Ostacoli superati, in ogni caso, in una realtà che si sta confermando assolutamente competitiva e sempre più forte anche dal punto di vista delle relazioni e dello spirito, forgiata dalla partita più dura degli ultimi tempi: la pandemia. “Se ci ripensiamo ora vengono i brividi – afferma il responsabile della comunicazione Luca Modonesi -. Furono mesi in cui i giocatori cercavano di mantenersi in forma autonomamente e in cui la società doveva fare i conti con protocolli e norme mirate alla tutela della salute. C’erano una fame di campo e di normalità indescrivibili. Non è stato facile, perché molti di noi hanno perso amici e parenti stretti, ma questa sofferenza ha generato coesione. Siamo persone che condividono un progetto, ma soprattutto che si vogliono bene e che stanno bene insieme. Senza questi sentimenti non starebbe in piedi nulla”.
Bruno Forza
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