Ciliverghe in cammino verso la D. Bianchini: "Vogliamo tornarci e mettere radici, magari facendo sinergie"

“La territorialità va di pari passi con il calcio dilettantistico, quindi un po’ di sano campanilismo non può mancare, ma so per certo che ogni presidente fa grandi sacrifici e che, spesso, le preoccupazioni prevalgono sul gioco. Magari unendo le forze si troverebbe il modo per vivere più serenamente questa passione e divertirsi di più”.

Il presidente del Ciliverghe, Nicola Bianchini, torna con convinzione sul tema delle alleanze, spesso trattato e raramente praticato in provincia. “È ovviamente difficile mettere in atto sinergie. Anche noi ci siamo andati spesso vicini. Poi quando devi concludere subentrano tentennamenti identitari, che finiscono per prevalere e far decadere un po’ tutto. L’esempio deve essere ciò che accadde tra Lonato e Salò. Un’operazione difficile da ripetere, ma i due presidenti furono bravissimi e fu una scelta azzeccata e vincente. Ovviamente parlo di prime squadre. I settori giovanili potrebbero essere esclusi da fusioni e restare più territoriali”.

Un discorso che, almeno per il momento, resta nel novero delle riflessioni e della filosofia calcistica, ma la cui eco risuonerà nella zona Est dell’hinterland cittadino nei prossimi mesi. “Nessuna trattativa in corso – assicura Bianchini -, ma è un pensiero ricorrente, anche perché in zona siamo in tanti e ci sono parecchie società che lavorano bene e che stimo. Penso alla Bedizzolese, dove giocai da bambino e della quale ho sempre sentito parlar bene, ma ce ne sono altre. Se devo pensare a un modello in questo momento storico dico Lumezzane, perché ha una macchina organizzativa di rilievo e può ambire tranquillamente alla Serie B”.

Anche il Ciliverghe è spesso menzionato dai dirigenti dei club bresciani come punto di riferimento. “Seguo sempre la rubrica Viaggio in Provincia e ho letto con piacere che in molti ci hanno citati. Spero che siano complimenti meritati. Credo che il nostro valore aggiunto sia stato puntare ad essere davvero una famiglia e riuscirci nei fatti. Ai valori, poi, abbiamo aggiunto professionalità e penso che all’esterno si noti. Anche la costruzione del centro sportivo, avvenuta con l’aiuto del Comune, ha fatto la differenza. L’importante è non fermarsi mai, ma trasformare l’ammirazione in ulteriori stimoli per crescere”.

L’obiettivo è tornare in Serie D. “Ci siamo posti quel traguardo, ma non è un’ossessione. Devo confessarvi che dopo aver giocato a Lecce con il Ciliverghe avrei potuto anche smettere. Il Dio del calcio dilettantistico mi aveva dato tutto. Ho proseguito ed è arrivata anche la Coppa Italia regionale, una grande soddisfazione. Puntiamo alla promozione per fare la D in stile dilettantistico, allenandoci la sera, lanciando i giovani e mettendo radici nella categoria”.

Bianchini analizza così il panorama dilettantistico attuale, reduce da una pandemia che nelle intenzioni avrebbe dovuto cambiare molte cose, ma alla prova dei fatti ha fotocopiato il passato. “Ritengo che ogni società debba agire in base alle proprie possibilità. L’importante è che il calcio dilettantistico rimanga tale. Il mercato è libero, fatto di domanda e di offerta. È vero, all’interno del Coordinamento dei Presidenti si era parlato di istituire un gap salariale, un tetto sui compensi, ma sono cose difficili da concretizzare. Ne parlammo in una riunione, ma finì lì. Sicuramente aiuterebbe le società ad avere bilanci più sani e cambierebbe gli scenari, perché a parità di offerta il giocatore sceglierebbe unicamente in base all’ambiente, alle persone, agli affetti, a fattori che prescindono dai soldi. Anche su questo tema il discorso di unire le forze tra società torna d’attualità”.

Il Coordinamento dei Presidenti, invece, sembra essere ormai passato di moda: “Ha avuto il suo picco prima delle elezioni regionali. Ora vive di aggiornamenti mensili. Dubito che avrà un futuro. A mio avviso è nato con uno scopo e si è sviluppato in un altro modo. Doveva dare segnali forti, dovevamo essere noi a mostrare di voler cambiare determinate cose al di là dell’esito elettorale”.

Il bilancio stagionale è sin qui positivo, ma in divenire. “La macchia è il cambio allenatore. Non amo gli esoneri, però c’era questa esigenza perché il gruppo era disunito. Mi è dispiaciuto, perché mister Crotti è capace e una persona valida, purtroppo può capitare che le cose non girino come ci si aspettava. Abbiamo puntato su un giovane come Zucchi, che ci sta dando grandi soddisfazioni. Il girone è molto difficile. Ci sono 4-5 squadre attrezzate per vincere. Ci riuscirà chi sbaglierà meno. Il percorso in Coppa potrebbe togliere energie al Cast Brescia. Vedremo. Noi vogliamo e possiamo agganciare la zona play-off”.

La prima squadra è la ciliegina su una torta gustosa, quella del settore giovanile. “Per noi è fondamentale. Quest’anno sono cambiate molte cose. Dopo tanti anni Angelo Chiarini ci ha lasciati, trasferendosi al Borgosatollo. Scelta condivisa, ma dolorosa, perché era un fratello. Siamo ripartiti con Ivan Rizzardi ed un’impostazione nuova, che darà frutto. Stiamo lavorando dal basso, seminando per il futuro. Cerchiamo sempre di portare giovani in prima squadra e mantenerli con noi in pianta stabile”.

Sulle affiliazioni nessun dubbio: “Sono preziose se non sono solo di nome, di facciata. Si ha la tendenza a crogiolarsi nello stemma del club professionistico, ma è apparenza fine a se stessa. Il rischio è che il vantaggio ce l’abbiamo solo le società professionistiche con il diritto di prelazione sui tuoi talenti. Noi siamo affiliati all’Inter da qualche anno e devo dire che è una sinergia concreta, di qualità. Da bresciano il cruccio sta nel constatare la semina scadente del Brescia, che in passato non è riuscito ad assorbire i frutti di una provincia ricchissima”.

Guardando al futuro le linee guida sono tracciate: “La società va considerata come un’azienda. Così facendo le dai l’impronta giusta. Sviluppare un sistema organizzativo sempre più all’avanguardia è la priorità, poi dobbiamo far crescere il vivaio in sinergia sia con le società professionistiche sia con le realtà delle categorie inferiori che collaborano con noi. Stiamo sviluppando una rete con le realtà vicine. Occorre fare passi in avanti insieme”.

La presidenza Bianchini, nel frattempo, dura da 14 anni, con un segreto: “Moglie e figli mi appoggiano in modo incondizionato, frequentano la società, vengono a vedere le partite. Così è tutto più facile. Ogni anno dico che è l’ultimo, poi vado sempre avanti, ma se ci sarà la possibilità di passare il testimone a un presidente che possa dare di più al Ciliverghe sarò il primo a fare un passo indietro. Tutti siamo utili, nessuno è indispensabile”.

Avanti un passo alla volta, con i piedi per terra e senza voli pindarici. “Serie C? Potevamo andare in Lega Pro quando vincemmo i play-off di Serie D. Furono 15 giorni di euforia e tensione, una decisione difficile. Rinunciammo perché ci sembrava assurdo versare dei soldi a fondo perduto a garanzia di chi non paga. L’ipotesi di una sinergia sul territorio, tuttavia, non nasce dall’ambizione al professionismo, ma dal desiderio di approdare in D e consolidarla in maniera tranquilla e conservando lo spirito che anima il club. Potrebbe essere questo il Cili del futuro, ma nella vita non si sa mai quello che può capitare”.

Bruno Forza

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