È il Gavardo dei giovani. Tonoli: "Investiamo nel vivaio per una prima squadra nostrana"

“La nostra priorità assoluta è investire nel vivaio. In Prima Categoria lottiamo per la salvezza, ma intendiamo continuare a farlo con i ragazzi cresciuti nel nostro settore giovanile, dove in questi anni abbiamo alzato l’asticella ottenendo buonissimi risultati, che ci hanno ripagati dopo tanto duro lavoro. Tutto questo non significa che non ci siano ambizioni in ottica prima squadra: la vogliamo semplicemente nostrana”.

È questa la filosofia tracciata da Giorgio Tonoli, presidente del Gavardo, e dai dirigenti gialloneri, fermamente convinti della bontà di una missione sportiva e educativa che continua ad accompagnare le nuove generazioni del territorio. “Abbiamo 280 tesserati appartenenti a 11 squadre. Provengono da Gavardo e non solo. Fanno parte del nostro bacino anche Valsabbia, Valtenesi e Lago di Garda”.

Una società tra le più frequentate della provincia, insomma, che da una decina di mesi ha acquisito anche la gestione dello stadio, del palazzetto e dei campi da gioco del centro sportivo Karol Wojtyla. “Per noi è un grande impegno, che ha tuttavia costituito una nuova fonte di sostentamento per le nostre attività. Oltre al calcio siamo attivi anche nell’atletica e nel ciclismo. Nel prossimo futuro sarà sicuramente necessario ampliare lo staff dei dirigenti e dei collaboratori. Dal punto di vista delle strutture non possiamo lamentarci, speriamo di poter aggiungere un paio di spogliatoi e nel frattempo ci appoggiamo con soddisfazione anche sull’impianto di Vallio Terme”.

In attesa di proiettarsi sulla prossima stagione lo sguardo si focalizza sul recente passato. “È stato un campionato complicato per la Prima Squadra, ostacolata pesantemente dagli infortuni. Abbiamo dovuto convivere con una media di 7-8 calciatori costantemente ai box, non è stato facile. Dopo due anni senza calcio giocato era prevedibile, io penso che una stagione senza classifiche non avrebbe fatto male a nessuno dopo ciò che è accaduto. Ripartire così è stato azzardato: non siamo professionisti e i rischi sono grossi. Bilancio finale? Forse in classifica meritavamo qualche punto in più, ma spesso li abbiamo buttati via noi perché escluse le prime tre delle classe tutte le rivali erano abbordabili. Il campionato Juniores regionale è stato avvincente e ci ha visti protagonisti fino alla fine. Abbiamo mollato nelle ultimissime giornate, come gli Allievi, ma va bene così”.

In vista della stagione 2022-2023 gli obiettivi sono chiari: “La nostra dimensione è stazionare a metà classifica. Ci piace la politica della concretezza, non facciamo mai il passo più lungo della gamba. Pensare alla Promozione oggi non rientra nei nostri piani, anche perché siamo coerenti: se le risorse aumentano le investiamo nel settore giovanile. Nel campionato che verrà porteremo 7-8 juniores tra i grandi. Abbiamo 2005 già pronti e molto ricercati da società di Promozione ed Eccellenza”.

Sull’annoso tema delle quote Tonoli la vede così: “Credo che la Terza Categoria dovrebbe diventare maggiormente a misura di giovani, un palcoscenico dedicato soprattutto a chi non trova spazio ai livelli superiori. Difficilmente critico le regole, preferisco rispettarle. Le norme relative all’impiego dei giovani calciatori ci sono e ritengo che le società dovrebbero adeguarsi, abituandosi a coltivare i giovani e non ripiegando sempre sul portafoglio per andare a comprarli da altre parti. Seminare nel tempo ed essere sostenibili è una virtù. Per me vedere i nostri ragazzi approdare in prima squadra è la più grande soddisfazione”.

Tra coloro che in passato si sono dedicati a questa paziente programmazione c’è Alessandro Bresciani, sbocciato a Gavardo e affermatosi negli ultimi anni alla Voluntas Montichiari, altra società che dedica grande attenzione ai giovani: “Con lui c’è un ottimo rapporto. Ci sentiamo spesso. Ha avuto una bella opportunità e l’ha presa al volo. Giusto così perché ha ambizione. I risultati dimostrano che sta lavorando sodo e con qualità. Da noi iniziò come mister nel 2001, poi nel 2007 diventò responsabile del settore giovanile. Una crescita costante. È bravo a pretendere, a programmare, una persona valida e capace”.

Anni fa il Gavardo aveva legato il suo marchio ad alcuni club professionistici. Le affiliazioni, tuttavia, sono finite nel cassetto: “È diventato un mercato. Con l’Udinese era iniziata bene, poi prese una brutta piega. Negli anni ho avuto contatti con altri club, ma vedo troppo business e poca concretezza. Il Brescia? L’ultimo dirigente che ho sentito è stato Manfredonia. Da allora non ho più avuto contatti con nessuno. Non so se si tratti di una scelta tecnica, politica, o altro, ma noi siamo aperti ad avere buoni rapporti con tutti. Se ci chiedono un ragazzo per un provino lo comunichiamo subito alla famiglia e non nascondiamo nulla a nessuno. Siamo totalmente trasparenti. Penso sia giusto così”.

Gavardo è anche la sede di un torneo internazionale di livello, giunto alla ventiduesima edizione, che attira società professionistiche da tutta Europa. Dopo il lungo stop imposto alla pandemia la scorsa primavera è tornato ad accendere di passione la nostra provincia. “Ripartire è stato bello e significativo. Abbiamo fatto un format da 12 squadre, ma dalla prossima stagione torneremo a 16. Il livello è molto alto e ricevere  complimenti da club di caratura internazionale è stato emozionante. Qui anni fa abbiamo visto sbocciare giocatori come De Sciglio e Kean. È la nostra Champions League, un’occasione unica per i nostri ragazzi, anche se gli ricordo sempre che la priorità è divertirsi. I 2008 sono reduci da un torneo fantastico, in cui hanno messo in difficoltà tutti, perfino il Milan”.

Il Covid, finalmente, sembra un lontano ricordo: “È stata una grande prova per tutti noi. Abbiamo avuto la fortuna e la bravura di riuscire a tenere sempre aperto, tranne in zona rossa. Era importante che ragazzi uscissero di casa e facessero sport. I nostri sforzi sono stati riconosciuti. Abbiamo registrato un forte aumento nelle iscrizioni, le famiglie hanno apprezzato molto ciò che abbiamo fatto”.

A proposito di famiglie il rapporto società-genitori è sempre centrale nella progettualità del Gavardo: “La difficoltà più grossa è quando il bambino o il ragazzo ha il mister sia in campo sia a casa. Ai genitori chiediamo di sforzarsi di comprendere che il calcio è un gioco e che dalla sconfitta si impara. Sapete qual è il problema? Che in Italia non esiste una vera cultura sportiva e questo discorso riguarda un po’ tutti gli sport. I genitori devono concentrarsi semplicemente sull’accompagnare i ragazzi nel loro percorso di vita, aiutandoli a crescere e a capire la loro strada. Mica tutti devono fare i calciatori, mica tutti devono diventare professionisti o dilettanti. Il calcio può essere praticato in molti modi e le alternative non mancano. L’importante è maturare, fare ciò che ci piace e avere uno sguardo aperto sul mondo”.

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