Franceschini: "Il fumo non è un vizio, ma una dipendenza. Si può smettere in un mese e mezzo, basta volerlo"

“Occorre chiamare le cose con il proprio nome. Troppo a lungo abbiamo etichettato come vizio quello del fumo. Non è così. Non è né un vizio né una debolezza: quando c’è di mezzo una sostanza si deve parlare di dipendenza a tutti gli effetti, di una vera e propria malattia. La nicotina, nonostante sia legale, genera un livello di dipendenza elevatissimo”.

I numeri snocciolati dalla dottoressa Laura Franceschini degli Spedali Civili di Brescia, specializzata nelle dipendenze da sostanze legali come alcol e tabacco, sono allarmanti. “Oggi un italiano su quattro è fumatore e consuma una media di 12 sigarette al giorno. Si tratta di un fenomeno che, storicamente, riguarda più gli uomini delle donne, ma la forbice si sta stringendo. Ogni anno più di 8 milioni di persone nel mondo muoiono a causa dei danni causati dal tabacco. Circa 22mila persone al giorno. Un dato inquietante”.

Le statistiche sono brutali e dicono che il fumo rappresenta il più grande rischio evitabile per la salute. “In Italia si contano 93mila decessi all’anno attribuibili al fumo: il 20,6% del totale di tutte le morti tra gli uomini e il 7,9% tra le donne. Considerando la patologia tumorale, 43mila morti all’anno sono da imputare a tumori correlati al tabacco. Sono numeri spesso contestati dalle persone, che cercano di metterli in dubbio o di trovare tesi piuttosto fantasiose e prive di fondamento per smontarli. Ovviamente anche una persona che non ha mai fumato può ammalarsi, ma l’incidenza del rischio per un fumatore è immensamente più alta, basti pensare che l’85% dei malati di tumore al polmone fuma”.

Il fumo di sigaretta, peraltro, non colpisce solamente polmoni e il tratto dell’orofaringe. “C’è grande impatto anche sugli altri organi e sul sistema cardiovascolare: infarti e ictus. All’inizio del mio percorso professionale in medicina generale vedevo tante patologie correlate al tabacco e all’alcol. Da neofita mi chiedevo: com’è possibile che una persona che sa di avere una diagnosi di cirrosi epatica non smetta di bere? E un paziente con insufficienza respiratoria o un tumore ai polmoni, come può continuare fumare? La risposta è nella parola chiave: dipendenza”.

La dottoressa Laura Franceschini chiama a raccolta tutti gli operatori della sanità: “Chiunque operi in questo ambito dovrebbe sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema. Penso innanzitutto a pediatri e medici di base. Sarebbe fondamentale informarsi su quali pazienti siano fumatori e aiutarli ad uscirne, indagando parallelamente le loro condizioni di salute. Tra i medici del territorio ce ne sono diversi che intraprendono iniziative di questo tipo, ma sono del tutto individuali, non strutturate o diffuse. Un ruolo cruciale è anche quello di tutti gli educatori, di chi è a contatto con i giovani. È inaccettabile vedere mamme e papà che fumano accanto ai bambini. Lo stesso discorso vale per insegnanti, allenatori, educatori”.

Come aiutare una persona cara che non riesce o non vuole smettere? Non è possibile far smettere chi non vuole. Certo, per un parente o un amico può essere frustrante constatare che la persona a cui vuole bene non comprenda di trovarsi di fronte al rischio di poter distruggere la propria vita. Il fatto è che al soggetto che è vittima di una dipendenza serve innanzitutto una motivazione forte. Deve scattare qualcosa dentro al fumatore, che deve dire addio a qualcosa che c’è sempre stato per la maggior parte del suo percorso di vita. Non è semplice. In lui la sfera razionale e quella emotiva fanno a pugni. Noi possiamo mostrare delle alternative, che esistono. Una delle prime ragioni per cui non si prova a smettere è perché si pensa di non potercela fare. Non è così. Occorre spiegare che ci si può affidare a professionisti, e che ci sono le chiavi per uscire da questa prigione che minaccia la propria salute e le proprie finanze”.

Anche il mondo dell’informazione può e deve metterci del suo. “È fondamentale diffondere conoscenza, stimolare, mostrare l’esistenza di un’alternativa. La vita senza fumo è libertà da una schiavitù. Vedo un grande sforzo sul tema del gioco d’azzardo, certamente importante, ma non capisco come il fumo, che può condurre alla morte, resti in secondo piano”.

Al Serd di via Lamarmora i risultati arrivano: “C’è sempre più gente che prova a smettere. Il passaparola innescato da chi ce l’ha fatta funziona. Speriamo che iniziative come la rubrica ‘Vietato Perdere’ di CalcioBresciano ci aiutino ulteriormente ad aiutare. Da noi si fa un percorso multidisciplinare che comprende parte medica, sanitaria e psicologica. Procediamo con gradualità, favorendo il benessere del paziente. La sigaretta per il fumatore rappresenta una gratificazione ripetuta e quotidiana, un momento tutto per sé e uno strumento per modulare le emozioni. Dobbiamo aiutarlo a trovare delle alternative e a superare le paure connesse allo stare senza fumare, vie sane sulle quali incanalare quel desiderio. La durata del percorso? Varia da persona a persona, ma mediamente si articola in 6 incontri individuali, oppure 8 nel caso di incontri di gruppo. Nell’arco di un mese e mezzo è possibile smettere, ma bisogna volerlo”.

Queste sono le soluzioni per curare, ma come deve attivarsi il sistema per prevenire? Informare è basilare, così come promuovere stili di vita sani tra bambini e ragazzi. A scuola se ne parla troppo poco. Spesso le sorti dell’educazione alla salute sono semplicemente nelle mani della sensibilità individuale degli insegnanti. Occorrerebbe un’azione di sistema. Lo sport, in questo senso, gioca un ruolo basilare”.

Eppure ci sono un sacco di sportivi fumatori. “Ho il sospetto che ci sia l’idea distorta che abbracciando uno stile di vita sano, quindi da atleta, si possano mitigare gli effetti negativi del fumo, cosa che non è assolutamente vera. Poi c’è l’illusione che il fumo non infici sulle performance, altra menzogna. Ovviamente i grandi sportivi hanno capacità fisiche superiori rispetto alle persone comuni, ma non basta per essere immuni dai danni enormi causati dalle sigarette, anzi. Penso che grandi sportivi e persone famose dovrebbero farsi carico di essere esempi positivi. Una decina d’anni fa il Barcellona fece una bellissima campagna: ‘Quit smoking with Barça’, iniziativa ammirevole”.

Luoghi comuni errati, nel frattempo, continuano a circolare. Non è vero che chi ha fumato per decenni abbia ormai danneggiato irrimediabilmente il suo corpo e che smettere non servirebbe a nulla. Non c’è niente di più falso e rischia di generare o alimentare alibi in chi invece dovrebbe motivarsi. I danni possono regredire e si può tornare, nel tempo, ad avere fattori di rischio quasi sovrapponibili a quelli della popolazione generale. Non è mai troppo tardi. Un danno enorme, spesso sottovalutato, è quello che scaturisce dal fumo passivo. Quando vedo mamme che spingono la carrozzina con la sigaretta in mano mi si stringe il cuore. Ho sentito donne incinte sostenere che qualche sigaretta è consentita, talvolta anche su indicazione di un sanitario”.

Come porsi, invece, nei confronti del boom delle sigarette elettroniche? “La combustione della sigaretta tradizionale è dannosissima. Immette una miriade di sostanze cancerogene nell’organismo e ha un’azione irritante. Quelle elettroniche hanno certamente meno effetti negativi, ma non si può dire in assoluto che non comportino rischi. I dispositivi contenenti nicotina provocano la stessa dipendenza delle sigarette tradizionali e allo stesso tempo danni all’organismo. Sebbene siano necessari ulteriori studi più ampi e prolungati, ad oggi non ci sono dati certi che indichino la sigaretta elettronica come priva di rischi per la salute. Molti studi recenti hanno avanzato l’ipotesi che quei vapori, nel lungo periodo, potrebbero favorire processi che vanno dall’irritazione delle vie aeree fino addirittura ad una degenerazione cellulare, ma solo il tempo potrà confermare o smentire queste ipotesi. La sigaretta elettronica può avere un senso solo come fase di passaggio verso la fine della dipendenza, ma in sostituzione della sigaretta, non in aggiunta; o in un’ottica di riduzione del danno in quei pazienti che, seppure motivati, non riescono a raggiungere l’astinenza. L’indicazione più importante dovrebbe comunque sempre essere quella di smettere di fumare e basta”.

Laura Franceschini è medico con specializzazione in farmacologia e tossicologia. Si occupa di alcolismo alcoldipendenza e tabagismo al SerD degli Spedali Civili di Brescia, centro che si occupa della prevenzione, cura, riabilitazione nei confronti delle persone a rischio o che hanno sviluppato una dipendenza.

Vuoi smettere di fumare?
Rivolgiti al SerD di Brescia. Chiama lo 030.3333493.

Bruno Forza

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