Non c’è nulla di meglio che ottenere un risultato importante battendo in uno scontro frontale il rivale diretto. Nel tennis succede sempre, nei campionati di calcio meno. L’Inter che si mette al petto la seconda stella battendo i cugini del Milan, primi inseguitori, può essere un esempio. Una cosa simile è successa domenica a livello dilettantistico. Col 2-0 conquistato sul campo del Nave secondo in classifica, il Sellero Novelle ha avuto la certezza aritmetica del primo posto nel girone B di Terza Categoria con due giornate ancora in calendario. Non sarà stato un derby, ma la prova di forza ha certificato una leadership mai messa in dubbio, nonostante a fine andata le concorrenti fossero tutte a distanza ridotta.
Questi eventi permettono di avvicinare mondi che spesso appaiono lontani, poco esplorati. Sellero è un Comune di circa 1.500 abitanti della Val Camonica, Novelle una sua frazione. Due piccoli borghi che si sono fatti unità, così come la società locale, che negli anni passati ha vissuto stagioni anche in categorie più nobili, come la Promozione e la Prima Categoria. Qui i ragazzi si raccolgono in giro per la valle, si crescono, si trattengono costruendo legami e senso di appartenenza. Molte volte si scambiano con realtà limitrofe. Ciò che risulta è la formazione di una connessione profonda tra squadra e paese, tra giocatori e territorio.
A testimoniarlo in prima persona è il capitano biancoverde, Guido Prandini: “Ho giocato in diverse squadre qui in valle – spiega il camuno di Losine, cresciuto calcisticamente nel Darfo Boario –: Eden Esine, Bienno, Nuova Camunia. A Sellero è diverso. Durante la stagione la gente non aspettava altro che una partita di calcio per andare al campo, la domenica c’erano sempre 100-150 persone sulle tribune. E quello che è successo dopo la partita col Nave è incredibile. Abbiamo sfilato coi trattori sia a Sellero che a Novelle e al nostro passaggio le persone sono scese per strada per farci i complimenti e festeggiare insieme”.
Il Covid aveva interrotto l’esperienza di calcio dilettantistico per adulti, i dirigenti avevano scelto di continuare solamente con il settore giovanile. Poi, due anni fa, la ripartenza dalla Terza Categoria, con un’amministrazione rinnovata e quattro persone a trainare l’inizio della nuova avventura. Mister Gianpaolo Bellesi, il suo secondo Massimo Gasparini, bomber Simone Maffessoli e quello che sarebbe diventato il capitano della formazione, Prandini appunto.
Insieme ad Andrea Cominelli, classe 1984, Guido è l’unico giocatore nato negli anni Ottanta (’89) dentro una rosa giovane, che ha avuto subito presa con la categoria. “Mi considero uno dei quattro fondatori di questo nuovo progetto, assieme a Bellesi, Gasparini e Maffessoli. A Sellero c’ero già stato tre stagioni da giovane, poi ero tornato prima del Covid. In Promozione facevo la riserva a mio fratello Giambattista. Quando ho cominciato a sentire che si vociferava che si sarebbe rifatta la prima squadra ero a Bienno, ma allenavo i portieri del Sellero. Ho sentito dentro di me come l’istinto di un ritorno a casa. Ci siamo spostati in blocco da Bienno, poi sono arrivati altri vari ex, come Cominelli ed Elia Bressanelli”.
Al primo tentativo la vittoria della Coppa Brescia, al secondo il campionato. “L’anno scorso vincemmo la coppa ai rigori, poi uscimmo ai play-off pareggiando. Quest’anno gli allenatori ci han trasmesso più convinzione, inoltre si sono aggiunti un paio di giocatori importanti. In carriera non avevo mai vinto un campionato, le maggiori soddisfazioni erano arrivate conquistando salvezze”.
Un’andata da imbattuti, un ritorno con la sconfitta a Urago Mella contro il Progetto Sport Giovani ma anche più punti fatti (28 a 27, e due partite ancora a disposizione per migliorare la statistica). “Credo che la differenza l’abbia fatta la forza all’interno dello spogliatoio e il potersi allenare e giocare con zero pressioni. Ci sono state tutte le condizioni per esprimersi al meglio, sia in settimana che la domenica”.
Il futuro del Sellero Novelle non si scosterà dal suo presente: calciatori del territorio che giocano non per soldi ma per passione. “L’unica cosa che la società potrebbe aggiungere è un premio per le vittorie, un riconoscimento per quanto fatto. Da noi c’è gente che potrebbe giocare serenamente in categorie superiori, ma preferisce rimanere. Il gruppo non verrà stravolto. Anche perché noi qui siamo (geograficamente, ndr) fuori da tutto…”.
Sul futuro di Prandini, invece, aleggia la questione che coinvolge tutti gli over trenta. “Con Cominelli avevo già giocato 10 anni fa, sia per me che per lui è sempre l’ultimo anno… per quanto riguarda lui credo e spero che continui, è una persona importante nello spogliatoio e in campo. Io ho tre figli e una compagna che è una santa, la vittoria la dedico a loro. Lei sarebbe disponibile a seguirmi ancora per una stagione… ma intanto finiamo questa. Sicuramente la voglia c’è, questa energia me ne dà tanta“.
Prima di riattaccare, la sensazione di non aver detto tutto. Il momento più significativo dell’intervista è totalmente spontaneo. E profondo. “Un’ultima cosa, ci tengo. Permettimi di raccontare un’esperienza personale, chissà che possa aiutare qualcuno. In passato ho attraversato un momento difficile, avevo anche perso la voglia di giocare a calcio. Io sono stato in comunità di recupero. Entrando a San Patrignano ho iniziato un percorso. Là ho fatto tre anni in Seconda Categoria emiliano-romagnola con la squadra della comunità. Da quel momento ho avuto una rinascita personale. Il calcio è la cosa che mi ha aiutato di più ad uscire dalla tossicodipendenza. Credo fortemente in questo sport. Volevo sfruttare l’occasione per mandare questo messaggio a chi legge, giovane o adulto che sia. Spero possa essere uno spunto di riflessione utile”.
Matteo Carone