Imad El Harram parlava poco, ma sapeva far cantare il pallone. Tecnica e fantasia erano il linguaggio con cui preferiva esprimersi sul campetto del suo paese: Preseglie.
Una passione sfrenata la sua, coltivata fin da bambino sotto lo sguardo di mister Giordan Ligarotti, attuale tecnico della Nuova Valsabbia che nella foto (in basso a destra) abbraccia il suo pupillo: “L’ho visto crescere, allenandolo dagli 8 ai 13 anni. Era nella squadretta che seguivo insieme ai miei amici. Campionato Anspi di calcio a 7, giravamo gli oratori e ci divertivamo al seguito di un gruppetto di ragazzini con i quali condividevamo bei momenti. Era davvero un gruppo fantastico”.
Fotogrammi indelebili. Immagini appiccicate nell’album dei ricordi più belli, che oggi fanno male perché Preseglie è sprofondata nel dolore. Imad non c’è più. Un destino beffardo ha portato via i suoi silenzi e il suo sorriso timido in un tragico sabato sera. Il ventenne è uno delle cinque giovani vittime dell’incidente stradale che ha commosso l’intera provincia e che è costato la vita anche a Irene Sala, ai cugini Imad e Salah Natia e a Dennis Guerra, tutti gnari della Valsabbia.
Storie intrecciate, accomunate da un finale impossibile da comprendere. “La nostra comunità è sconvolta. Dispiace sentire e leggere commenti spiacevoli sull’accaduto. Siamo stati tutti giovani e abbiamo commesso tutti degli sbagli, corso dei rischi o fatto qualche stupidaggine. Questi ragazzi, purtroppo, hanno pagato un prezzo troppo alto. Mi auguro solo che questa storia possa far riflettere i loro coetanei e li spinga a tenersi stretta la vita, ad essere prudenti. Ogni estate qui organizziamo un triangolare in memoria dei giovani del paese che non ci sono più. Non vogliamo aggiungere altri nomi alla lista. Io ho dei bambini ancora piccoli, ma se mi metto nei panni di quei genitori mi vengono i brividi”.
Già, quei genitori che venivano ad applaudire le giocate di Imad al campo dell’oratorio. “L’allegria di quella squadra coinvolgeva anche loro. Lui era tra i più talentuosi, vincemmo anche dei campionati. Fece un’esperienza a 11 nell’Odolo, ma la sua dimensione ideale era il calcio a 7. Credo che lo porteranno in Marocco, dove è nato, anche se era uno di noi in tutto e per tutto. Immagino che ci sarà comunque l’occasione per ricordarlo e dimostrare vicinanza alla famiglia. In paese ci si incrociava ogni tanto: un saluto, una pacca sulle spalle e un drink insieme. Il pensiero che non accadrà più lascia un grande vuoto, trovare le parole giuste per descriverlo o spiegarlo è impossibile”. Restano le foto, i ricordi e mille domande, oltre a una comunità chiusa a riccio in un abbraccio silenzioso e profondo, come il timido sorriso di Imad.
Bruno Forza