Lago d'Idro e tulipani. La storia di Peter Vos, bresciano d'Olanda

Fiocchi di neve gelidi, una città imbiancata e una slitta di legno trainata dalla macchina dei nonni. Haarlem, Paesi Bassi, primi anni sessanta. La memoria di Peter Vos (nella foto il secondo da destra), ristoratore bresciano di origini olandesi, vola ai ricordi di una spensierata infanzia. “Ho vissuto lì fino a 6 anni, quindi i fotogrammi sono pochi e sbiaditi. Io e la mia famiglia venivamo in vacanza sul lago d’Idro, dove avevamo acquistato una casetta. Inizialmente era solo il luogo delle ferie, ma i miei genitori sognavano una vita in mezzo alla natura, quindi vendettero tutto per approdare in questo luogo meraviglioso”.

Un cambio di vita non indifferente. “Mio padre era autista dei militari; mia madre aveva un caffè teatro, di quelli dove si va a bere ma anche ad assistere a spettacoli di vario genere. Appena arrivati qui presero un hotel ad Anfo e un bar a Idro, ma nel ’72 virarono verso il ristorante Holland“, che oggi è gestito da Peter insieme alla moglie Daniële. “Quando la incontrai aveva 18 anni. All’epoca io e mio fratello avevamo un carro per la vendita di patatine. Giravamo tutti i campeggi. Il suo sogno era trasferirsi in Italia, ma all’inizio non fu facile. Passare da Rotterdam a Idro è un cambiamento radicale, ma oggi rifarebbe quella scelta. Non torniamo da diversi anni in Olanda, preferiamo stare alla larga dalle grandi città – Brescia compresa -, meglio i luoghi dove la gente si saluta, dove l’indifferenza non esiste e lo stress è a livelli minimi. Sapete cosa amano gli olandesi degli italiani? La capacità di mettere da parte l’agenda, di adottare nel loro stile di vita un pizzico di sano menefreghismo necessario a godersi la vita”.

L’Holland tra primavera ed estate diventa “Casa Olanda”. “Chiaramente la nostra identità si percepisce, ma la cucina è italiana e internazionale, con note più saporite. Parliamo cinque lingue, l’italiano alla perfezione e ci sentiamo lombardi, ma tra di noi si dialoga in olandese e si guarda la tv del paese d’origine. La clientela è davvero senza confini. Abbiamo avuto visitatori da ogni angolo del pianeta. I nostri connazionali e i tedeschi, da queste parti, sono moltissimi e quando c’è un grande evento come Mondiali o Europei il locale si tinge di arancione. Gli olandesi sono fatti così, lo vedete anche all’interno degli stadi: si vestono tutti del colore nazionale, che è stato scelto in onore della famiglia reale Huis Van Oranje Nassau”.

Peter ha vissuto pagine memorabili della storia calcistica olandese, epica ma ancora a secco di titoli mondiali. “Ad incantarmi fu la nazionale di Cruijff, Neeskens e Krol, l’arancia meccanica, quella delle due finali consecutive del ’74 e del ’78. Anni magici. La sconfitta più dolorosa fu quella contro la mafia Argentina nell’edizione disputata sotto il regime militare. Fu vergognosa. La gioia più grande, invece, l’Europeo dell’88, trascinati da Gullit, Van Basten e Rijkaard. Ovviamente sono milanista e ancora oggi sono tantissimi i clienti che mi ricordano il loro affetto per i tre tulipani. Anche l’Italia ci fece un brutto scherzo nel 2000, è sempre difficile batterla. Chi tifo in quei casi? Espongo anche il tricolore, ma tendo a defilarmi. Il cuore è arancione”.

Il ricordo più recente, anch’esso amaro, è quello relativo alla finalissima di Sudafrica 2010. “Nel ristorante non c’era spazio nemmeno per uno spillo. Gente seduta anche in terra, in ogni angolo. Purtroppo vinse la Spagna. Se abbiamo una bacheca più povera di quella che avremmo meritato? Probabilmente sì. È vero che l’Olanda ha fatto grandi cose nel calcio essendo anche un paese piccolo, con soli 19 milioni di abitanti, ma non è giusto cercare alibi. In Uruguay sono in 4 milioni e hanno una fame di calcio straordinaria, il pallone scorre nelle loro vene. Bisogna sempre puntare al massimo e lo stesso discorso vale per l’Italia: inaccettabile la sua assenza”.

Peter non risparmia critiche alla sua nazionale, prossima a disputare gli ottavi di finale: “Se giocheremo come nelle prime tre partite saremo eliminati. Gli Stati Uniti sono un’ottima squadra, veloce e aggressiva, con un gioco spumeggiante. Noi siamo troppo lenti e leziosi. Spero che Van Gaal dia la scossa ai ragazzi. In Olanda quando sei altezzoso si dice che ‘giri in parte alle scarpe’. Dovremo essere umili, perché le cosiddette piccole stanno dando filo da torcere a tutti. Abbassiamo la cresta, insomma, altrimenti prendiamo due o tre pere. Ecco, dopo il detto olandese vi ho regalato una perla in stile bresciano”.

La speranza, tuttavia, non manca: “Questo strano mondiale in Qatar mi ha consentito, finalmente, di vedermi tutte le partite in santa pace. Durante la stagione sarebbe impossibile. Sogno una rivincita con l’Argentina, poi sarà quel che sarà”.

Bruno Forza

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