Il tempo è scaduto, la pazienza finita, il credito estinto. L’esonero di Alfredo Aglietti e il ritorno in panchina di Pep Clotet sono le gocce che fanno traboccare il vaso, certificando la rottura definitiva tra la piazza bresciana e il presidente Massimo Cellino.
La contestazione è l’inevitabile conseguenza di un susseguirsi di eventi che hanno mostrato ai tifosi l’inconsistenza di un progetto societario naufragato da mesi, che anche nelle passate stagioni aveva evidenziato numerose falle tappate in qualche modo da un patron a dir poco vulcanico.
La Serie A conquistata nel 2019, il restyling dello stadio e l’avvento del centro sportivo di Torbole, unici baluardi difensivi nelle tesi dei supporter più aziendalisti, sono ormai crollati. Il perenne valzer di allenatori e dirigenti, le campagne acquisti al di sotto delle aspettative e risultati deludenti hanno gettato benzina sul fuoco, ma è soprattutto il modus operandi presidenziale che non va giù ai bresciani, che faticano a trovare un nesso tra le dichiarazioni di Cellino e le sue azioni, tra i suoi programmi e l’evoluzione del club.
La credibilità del Brescia, secondo i suoi seguaci, è minata soprattutto dal vizietto degli esoneri (20 incarichi per 13 diversi allenatori in 5 anni e mezzo), dalla tendenza a licenziamenti incomprensibili come quello di Inzaghi, terzo in classifica, o lampo come quelli di Pulga, Suazo, Grosso, Delneri e Aglietti, che hanno collezionato 14 presenze in 5. Numeri da record mondiale. C’è poi il capitolo delle interferenze con le scelte tecniche e la strategia del riciclo di allenatori sedotti e abbandonati più volte (Corini, Lopez, Clotet).
A Bolzano, in occasione della sconfitta con il Sudtirol dello scorso fine settimana, i mille sostenitori delle rondinelle hanno dato il via ad un flusso di proteste che senza ombra di dubbio proseguirà e si farà ancor più rovente sabato al Rigamonti, quando la Leonessa sarà opposta alla capolista Frosinone.
Nel frattempo la rabbia corre sui social, dove Cellino è bersagliato in tutti i modi. C’è chi argomenta le proprie tesi, chi sceglie l’ironia, chi si sfoga e chi insulta. Stili diversi per esprimere il medesimo pensiero, sintetizzato ieri sugli striscioni apparsi allo stadio e al centro sportivo di Torbole. “Siamo alla follia. Cellino vattene via” e “Meno colpi più dignità. Cellino vattene da questa città”.
Sul web, in mezzo a centinaia di tifosi, ha fatto sentire la sua voce anche un ex giocatore come Tonci Kukoc, in biancoazzurro nella stagione 2013-2014: “Il Brescia è un grande club con una grande storia, – ha sentenziato il croato sotto a un post del sito Brescia in Gol -, qualcuno dovrebbe ricordare al presidente che il club non è il suo giocattolo. Bidone”.
Levata di scudi attivata, dunque, mentre il popolo bresciano invoca gli imprenditori del territorio senza ottenere, almeno per il momento, i riscontri necessari ad alimentare le speranze di una successione identitaria e virtuosa. La salvezza, a detta dei tifosi, passa da lì, ma è ormai una parola chiave anche in ottica classifica. Gli spettri della zona retrocessione, infatti, iniziano a fare paura.
Bruno Forza