Brescia, nel vivaio un autunno perenne. Settore giovanile dimenticato, è allarme rosso

di Bruno Forza

Nei giorni scorsi l’osservatorio del Cies (Centro Internazionale di Studi Sportivi) ha pubblicato la tradizionale graduatoria mondiale relativa alle 100 società calcistiche che traggono maggior profitto economico dal proprio settore giovanile. Una classifica che premia il Benfica, sul podio accanto ad Ajax e Lione. Lo Scudetto va all’Atalanta, decima assoluta e accompagnata solamente da altre otto italiane.

C’è un altro indicatore prestigioso relativo al settore giovanile. È il report che menziona le società capaci di portare il maggior numero di talenti dal vivaio alla prima squadra. Anche qui i bergamaschi brillano: secondi in Italia dietro alla Roma. In Europa, invece, i maestri nella valorizzazione interna dei giovani sono Athletic Bilbao, Lione e Real Sociedad.

Altri pianeti e filosofie, altre progettualità e figure dirigenziali. Lo spunto, tuttavia, è di quelli interessanti perché stimola riflessioni e ricerche, amplificando l’eco di una domanda che è lecito porsi: dove si colloca il Brescia nell’universo del calcio giovanile italiano ed europeo? Come descrivere il presente della cantera nostrana?

Al suo arrivo in città, datato 2017, il presidente Massimo Cellino pronosticò un futuro radioso per vivaio e prima squadra: “Modello Atalanta? Non scherziamo – disse -, sono il migliore di tutti, non ho niente da imparare da nessuno. Vedremo dove saranno loro tra cinque anni e dove saremo noi. Diversamente me ne andrò ammettendo che non sono più capace”.

Ciò che è accaduto successivamente è già nei libri di storia, ma al di là delle note vicende relative alla prima squadra, ripescata per i capelli dalle sabbie mobili della Serie C, a preoccupare è soprattutto lo stato in cui versa il settore giovanile, che lontano dai riflettori del Rigamonti, dove si focalizzano le principali attenzioni di media e tifosi, si sta letteralmente sgretolando.

La Top 100 del Cies è ovviamente lontana anni luce, ma guai a pensare che sia un salotto riservato a club milionari. Oltre a Inter, Roma, Fiorentina, Juventus e Milan (sparpagliate tra quarantunesimo e settantaquattresimo posto) vi hanno trovato spazio le sorprendenti Empoli (53), Genoa (63) e Cagliari (90), a dimostrare che chi semina può raccogliere.

Sfogliare l’album dei ricordi non aiuta. Un tempo in città sbocciavano Corini e Negro, i gemelli Filippini e Volpi, Baronio, Diana, Pirlo e Bonera, ma anche Guana, Viviano e Zambelli. Le fotografie da appiccicare sono sempre meno. Il terreno fertile è pochissimo, annaffiato con parsimonia e dedizione da una manciata di persone, mentre una desertificazione figlia del disinteresse e della disorganizzazione sembra ormai inesorabile.

Certo, gli inguaribili ottimisti potrebbero ricordare che Tonali ha mosso qui i primi passi tra i grandi solo pochi anni fa, garantendo ritorni economici eccellenti (certamente non reinvestiti nel vivaio, nemmeno parzialmente ndr). Nella rosa della prima squadra, inoltre, ci sono calciatori cresciuti nelle giovanili. Cistana, Papetti e Mangraviti ormai in pianta stabile, ai quali si sono aggiunte le new entry Maccherini, Muca, Fogliata, Nuamah e Ferro. In attesa che il futuro ci sveli il reale spessore di questi ragazzi, però, è fondamentale osservare cosa accade dietro le quinte per mettere a fuoco una situazione che impone, a chi ha a cuore le sorti del club, di premere il pulsante di allarme rosso prima che sia troppo tardi.

Organigramma scarno e progetto da scrivere a stagione in corso
Non solo allenatori e direttori sportivi. In questi anni anche il settore giovanile ha fatto registrare continui viavai. Christian Botturi, Marco Zanardini e Omero Meloni si sono passati quel testimone che, attualmente, è nelle mani di Paolo Migliorati, quarto responsabile del settore giovanile in 6 anni di gestione Cellino. Il suo focus operativo è a dir poco ampio: dai primi calci alla Primavera, ma senza l’ausilio di un responsabile dell’attività di base, di un responsabile scouting, di un coordinatore del progetto affiliate. L’organigramma parla chiaro: l’ex Feralpisalò è stato abbandonato e fa quel che può, tenendo conto anche del fatto che il suo impegno sportivo è a tempo parziale, dato che è dipendente di un istituto bancario cittadino.

Nelle scorse settimane la società si è evidentemente accorta della necessità di un nuovo assetto e dopo un lungo letargo ha optato per una mossa a sorpresa, inserendo in organico l’ex Brescia Femminile Pietro Sbaraini, nuovo direttore generale del settore giovanile. Nessuna presentazione per lui, solo un comunicato stringato pubblicato sul sito ufficiale: “Brescia Calcio è lieta di annunciare, alla luce delle nuove normative e al fine di allinearsi al nuovo e moderno approccio al settore giovanile, una nuova figura all’interno dell’organigramma societario. Il sig. Pietro Sbaraini sarà direttore generale”. Troppo poco per comprendere i disegni futuri della società.

Secondo le indiscrezioni che abbiamo raccolto, Sbaraini sarebbe al lavoro per elaborare un nuovo progetto che dovrebbe vedere la luce nel mese di febbraio, e che punterebbe ad una ristrutturazione profonda del vivaio. Non resta che attendere i contenuti del suo lavoro.

Bilancio risicato, compensi tardivi e genitori irritati
“A Cellino non importa nulla del settore giovanile. Zero”. Una frase che ripetono in molti in città e non solo. Trovare argomentazioni in grado di confutare questa tesi è una missione impossibile. Parlano i fatti e i numeri, poiché il Brescia investe briciole nel settore giovanile rispetto ai competitor lombardi. Loro mettono sul tavolo i milioni, cifre lontanissime da ciò che l’imprenditore sardo è disponibile a spendere per il vivaio. Strategie che si traducono in una quotidianità che è lontana parente di una dimensione professionistica. “Mi hanno chiesto di fare il dirigente accompagnatore per una squadra del settore giovanile – ci è stato raccontato –. Un impegno serio, in un campionato nazionale, con trasferte davvero lunghe. Compenso? Nulla, avrei ricevuto solamente la tuta ufficiale e altri indumenti del Brescia. Il problema è che c’è chi accetta offerte di questo tipo perché è tifoso, ma così facendo la qualità viene meno”.

Chi riceve un rimborso, ovviamente, sono gli allenatori, ma in questa prima parte della stagione non sono mancate le tensioni nella maggior parte degli staff dell’Academy, dato che i primi euro incassati dai tecnici sono arrivati solamente a Natale, quattro mesi dopo il primo allenamento della stagione 2023-2024.

Se i
 mister hanno brillato per pazienza non si può dire altrettanto per i genitori dei piccoli calciatori, che hanno preso la penna in mano per firmare una lettera di protesta nei confronti del presidente. Il motivo, anche in questo caso, è di natura economica, con la retta per il servizio di trasporto triplicata rispetto all’anno precedente. Le famiglie si sono viste schizzare alle stelle la quota, passata dai 250 euro della scorsa stagione ai 900 di quella attuale. Un conto salato, presentato con una comunicazione tardiva a ridosso della nuova annata. Un “colpo di teatro” indigesto per mamme e papà.

Affiliate, progetto al tramonto. “Noi eravamo il Brescia”
“Il Brescia deve riappropriarsi del suo territorio di riferimento e fare rete con le società dilettantistiche” affermava Christian Botturi cinque anni fa. Il progetto “Noi siamo il Brescia” andava nella direzione giusta, puntando ad una rinascita del vivaio che doveva passare dal presidio della provincia e da collaborazioni virtuose. Il marchio della Leonessa era arrivato a campeggiare in numerosi centri sportivi bresciani.

Dei 9 centri di formazione istituiti nel 2019 nessuno, ad oggi, è ancora attivo e anche tra le 13 affiliate sono evaporati numerosi accordi. Il crollo è verticale e l’indice di gradimento è ai minimi storici. Il filo biancoblù avrebbe dovuto garantire alla Leonessa priorità nella selezione dei giovani talenti in cambio di formazione per gli staff tecnici, test match ed esperienze da vivere all’interno del mondo Brescia. Le premesse erano ottime, ma lo sviluppo non è stato all’altezza delle aspettative ed oggi sulla mappa le bandierine con la V bianca sono rimaste una manciata.

La realtà dei fatti? Il Brescia non è più in grado di garantire un servizio di qualità ed altri club professionistici hanno iniziato a seminare dove la Leonessa ha lasciato campo libero. Ne hanno tratto giovamento pure Feralpisalò e Lumezzane, ma soprattutto i competitor di livello superiore, la cui avanzata è inesorabile.

Scouting alla resa: bandiera bianca
Inter e Milan, Atalanta e Monza, Verona e Cremonese. La provincia di Brescia è ormai terra di conquista per le principali società professionistiche rivali della Leonessa. Oltreconfine la percezione è quella di una proprietà fragile e disorganizzata, con una prima squadra zoppicante e un settore giovanile improvvisato. L’ironia non manca quando le avversarie leggono le distinte delle baby Rondinelle e notano che la casella accanto al numero 17 è sempre vuota, come da scaramantico ordine presidenziale.

Una provincia come la nostra, popolata da un milione di abitanti, con oltre 150 società dilettantistiche e un campetto di oratorio in ogni quartiere è totalmente sguarnita in ottica scouting. Gli osservatori del settore giovanile non sono operativi: fermi per ordini superiori. Gli scopritori di talenti nostrani ne hanno preso atto, ma c’è chi continua a fornire spunti, nominativi e segnalazioni alla società, nonostante tutto. Il sistema, però, è bloccato: una catena di montaggio inceppata che produce un immobilismo deleterio, sviluppando uno scenario nel quale altre società hanno l’opportunità di scoprire per prime i migliori talenti del territorio, che di conseguenza approdano in altri contesti.

Il ridimensionamento dei costi, peraltro, riguarda anche il chilometraggio dei pullmini, piuttosto ridotto se pensiamo che i mezzi del Brescia non arrivano nemmeno a Darfo. Il loro raggio d’azione è di una trentina di chilometri: troppo poco. A questo aspetto si aggiunge l’assenza di un convitto. Il Brescia non ospita giovani da fuori provincia.

Un quadro desolante, con ulteriori ripercussioni negative in vista dato che i migliori giocatori del Brescia sono già finiti sui taccuini di altri club, pronti ad accaparrarseli nei prossimi mesi. Il rischio di un fuggi fuggi dei più talentuosi è sempre più concreto. Urge un progetto serio, unito a contromosse concrete necessarie per blindare i gioielli della cantera. Una missione complicata in un contesto del genere.

Quale futuro?
Nonostante tutto le formazioni giovanili tengono botta e sono competitive, giocando con orgoglio e a testa alta su tutti i campi, sfoggiando il vero spirito della Leonessa. Quanto potrà durare questa resistenza?

La fortuna del Brescia risiede nell’amore per la maglia di tante persone che lavorano nell’ombra, consapevoli della gravità della situazione e certamente delusi, ma determinati a remare controvento. Volti senza gloria, che ogni giorno evitano il naufragio trasformandosi in volontari, perché in alcuni casi hanno dovuto fare i conti con promesse non mantenute.

Già, i tifosi non sono solamente quelli che cantano in curva. Sono anche quei collaboratori che, nonostante tutto, non mollano perché hanno a cuore il futuro del Brescia. “Cellino ha il suo giocattolo tra le mani, che è la prima squadra – ci ha raccontato un cuore biancoblù -. Faccia ciò che vuole con quella, ma con il settore giovanile no. Lì occorre fare le cose per bene, perché quello appartiene ai bresciani, non è suo. Il fatto è che se continua così lo distruggerà. È già a buon punto per compiere un disastro”.

Come se non bastasse indiscrezioni su una cessione dell’Academy circolano con insistenza. Si vocifera che Cellino la ritenga costosa e inutile, complice la recente riforma dello sport, e che intenda delegarne la gestione ad una società dilettantistica, incurante del fatto che dall’Academy siano arrivati la stragrande maggioranza dei giocatori attualmente in forza alle squadre dell’agonistica, ben il 75% dei calciatori della rosa della Primavera. Tutti gli indizi portano alla Voluntas, anche se al momento si tratta di voci che non trovano conferme. Il club degli Esposito – con sede al centro sportivo San Filippo – è attualmente legato all’Inter.

È molto difficile, se non impossibile, comprendere quale sia il disegno della società per i suoi giovani, per le nuove generazioni e per il futuro del club, evidentemente ancorato al flusso di sponsor, diritti tv e possibili plusvalenze, non ad una visione pianificata, virtuosa. Il tutto in un clima di totale separazione dall’identità della piazza, che a dirla tutta ha ormai un’unica speranza: l’arrivo di una nuova proprietà. Un desiderio forte, ma ad oggi evanescente.

Non resta che attendere e osservare l’evoluzione della storia. Non è mai troppo tardi per correggere il tiro, rivedere le priorità, imbastire progetti e dare forma e ordine dove regna il caos. Nei vivai si lavora, anno dopo anno, con pazienza e lungimiranza. Seminando, accarezzando germogli, godendosi frutti. A Brescia urge un cambiamento o saremo condannati ad un autunno perenne.

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