Rass.stampa - Gazzetta - Prandelli pronto a tornare da direttore tecnico dell'Italia

Dalla Gazzetta dello Sport

Natal, da che mondo è mondo, celebra una nascita. Non questa, non così. A Natal, in Brasile, nel 2014 Cesare Prandelli perse nello stesso momento il Mondiale e la nazionale italiana: eliminata l’Italia dall’Uruguay e dimesso lui, per coerenza e orgoglio. Undici anni dopo, Diego Godin ha smesso, Balotelli forse no ma è come se, e Cesare Prandelli è vicino al ritorno in azzurro con un nuovo ruolo: direttore tecnico. Non è stato ancora nominato ma insomma, è stato contattato e il processo di selezione è a buon punto. Il ruolo di Gravina La novità, come si nota, è doppia: l’uomo e la carica. L’Italia nella storia recente non ha avuto un direttore tecnico, nonostante Marcello Lippi non sia andato lontano dalla nomina. Il presidente federale Gravina parlava di d.t. già anni fa e nella sua “Piattaforma programmatica 2025-2028” teorizzava “l’introduzione della figura del Direttore Tecnico federale”. Ci siamo, la nomina potrebbe arrivare a giugno e Gravina è l’uomo-chiave: sarà il presidente federale a nominare il direttore tecnico, d’intesa con il presidente dell’associazione allenatori Renzo Ulivieri. La riorganizzazione della Figc insomma passa da qui, oltre che dalla scelta di un nuovo presidente del settore tecnico: Mario Beretta è pronto a succedere ad Albertini.

La nomina di un direttore tecnico ci porterebbe sullo stesso piano delle altre grandi nazioni, perché all’estero avere un d.t. è regola, non eccezione. L’Uefa, non per caso, organizza meeting e conferenze per “coaches and technical directors”, allenatori e direttori tecnici. I d.t. all’estero hanno compiti variabili, con in comune l’idea di dare un indirizzo tecnico-metodologico. La Fa inglese definisce il ruolo così: “Responsabile della gestione complessiva e dell’orientamento strategico degli aspetti calcistici, inclusi il reclutamento dei giocatori, lo sviluppo degli allenatori e l’analisi delle prestazioni”. Il quadro, come si vede, è molto ampio e il ruolo, potenzialmente, molto importante. Il direttore tecnico in Germania è Rudi Völler, erede di Oliver Bierhoff: un alto dirigente molto vicino al c.t, un cuscinetto tra squadra e federazione e molto di più. Quando la Germania è uscita dal Mondiale in Qatar, Bierhoff è stato il primo a pagare.

Se l’idea Prandelli vedrà la luce, sicuramente avrà un ruolo di regia, di coordinamento tra il settore tecnico, il settore giovanile e scolastico, i centri federali e il Club Italia che riunisce le nazionali. Il rapporto con Maurizio Viscidi, coordinatore delle nazionali giovanili, sarà inevitabilmente stretto: hanno già lavorato insieme e Viscidi negli ultimi 10 anni ha fatto benissimo, rivoluzionando stile e risultati delle giovanili azzurre. Il resto è da definire e starà a Gravina, Prandelli e Spalletti scegliere in quale direzione andare. Una stretta collaborazione con il c.t.? Un ruolo di indirizzo per le scuole allenatori? Due valori Ripensando al passato, viene da pensare a un Prandelli concentrato su tecnica ed etica. Quando è stato c.t., dal 2010 al 2014, ha dato un’impronta forte in questo senso. Quindici anni fa teorizzò un’Italia costruita sul possesso palla, sul gioco, e nel primo biennio riuscì a rendere quell’idea concreta. «Io vengo in Nazionale volentieri perché mi diverto», diceva Daniele De Rossi. L’Italia arrivò alla finale dell’Europeo e l’aria nuova scavalcò i confini del campo. Prandelli impose un codice etico e portò la Nazionale a Rizziconi, su un campo confiscato alla mafia. Il secondo biennio, con il pessimo Mondiale brasiliano, offuscò il ricordo, non i principi. Se Prandelli tornerà, a quattro anni dall’ultima panchina, a due dall’annuncio del ritiro, ripartirà da qui.

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