Dalla Gazzetta dello Sport
Ha gia un’esperienza al Paris Saint Germain. A 20 anni, Cher Ndour ha bruciato le tappe, ha girato l’Europa. Ora il focus del centrocampista è tutto sulla Serie A, con un occhio al prossimo Europeo Under 21. Ma il sogno più grande resta uno: conquistare la fiducia di Luciano Spalletti per un futuro anche nella Nazionale maggiore. Ha un tatuaggio, «Non sognare la tua vita, vivi il tuo sogno».
A 20 anni ha già avuto esperienze in top club. A che punto siamo del sogno?
«Ho tatuato la frase prima del mio esordio in prima squadra con il Benfica e si è realizzato davvero. Continuo a vivere questo sogno come se fossi un ragazzino dell’oratorio che gioca con gli amici».
Lo Cher bambino lo immaginava?
«Non ho mai pensato ad altro. Ho sempre avuto una passione per il calcio incredibile». A 16 anni, il Benfica. «Ho sempre avuto bisogno di stimoli. A 16 anni non è facile lasciare casa, ma era l’esperienza perfetta. Mi sono ritrovato in un nuovo Paese con una lingua diversa. Mi hanno accolto benissimo e ho imparato velocemente il portoghese».
Una differenza con l’Italia?
«Nel precampionato non facevamo lavoro atletico. All’Atalanta ero abituato a carichi di lavoro importanti. Al Benfica lavoravamo solo con la palla, almeno fino alla prima squadra».
I suoi genitori l’hanno seguita?
«Sempre. I primi due anni è venuto solo mio papà, poi è arrivata anche mamma. Sono rimasti con me a Parigi, al Besiktas e ora a Firenze. Abbiamo un rapporto aperto e genuino, difficile da trovare. Mi confido con loro e sanno tutto di me».
Madre italiana, padre senegalese. Perché l’azzurro?
«Sono nato e cresciuto in Italia. È il mio Paese, è metà del mio cuore. Mai avuto dubbi».
Nel 2023 al Psg. Il primo compagno visto?
«Arrivai giovanissimo. L’ufficialità arrivò all’Europeo Under 19. È stato un mix di emozioni. Gigio Donnarumma ha semplificato il mio inserimento. Mi ha fatto i complimenti e mi ha presentato a tutti. Mi hanno accolto come se fossi lì da tempo».
Si è allenato pure con Mbappé…
«Un fenomeno e un bravo ragazzo. In allenamento faceva cose non normali, in partita le risolveva tutte lui. A fine seduta giocavamo a basket in piscina».
Una frase che si porta dentro?
«Donnarumma mi ha sempre detto di avere pazienza. Mi ricordava che le esperienze fatte mi avrebbero fatto crescere, concludendo con “il tuo giorno arriverà, sei molto forte”».
Ora la Fiorentina, com’è il ritorno in Italia?
«Dopo cinque anni all’estero, sentivo il richiamo di casa. Firenze è la piazza giusta per me. È una squadra molto giovane con un progetto a lungo termine. C’è tutto per lavorare al massimo».
Ha visitato la città?
«Ho fatto soprattutto shopping in centro».
Rui Costa è stato il suo presidente al Benfica. L’ha sentito quando è tornato a Firenze?
«Non ci sentiamo da due anni. Ho saputo che potrebbe tornare a Firenze e mi farebbe piacere incontrarlo. Mi trattava come un figlio. Mi dava consigli e parlavamo in italiano. Lo stimo a 360 gradi».
È stato facile integrarsi con i nuovi compagni?
«Ho stretto un bel rapporto con tutti. Per la prima volta sono arrivato in uno spogliatoio dove capisco subito la lingua! Ho legato con Moise (Kean), Albert (Gudmundsson) e Richardson. Poi c’è Dodò che è l’anima dello spogliatoio, mette allegria».
Le treccine come Kean, vi scambiate consigli a tema capelli?
«Sì, mi domanda come farle. Un giorno potremmo andare dallo stesso parrucchiere e farcele simili. Moise ha un capello diverso, le mie sono più belle oggettivamente… (ride ndr)».
Dove può arrivare la Fiorentina?
«Possiamo e dobbiamo sognare l’Europa. Abbiamo le capacità per arrivarci. Le ultime due vittorie ci hanno dato una forte spinta».
Tornando al tatuaggio… ora quale è il sogno?
«Fare bene con la Fiorentina e nell’Europeo con l’Under 21. E poi la maglia della Nazionale».