“È vero, è il punto più basso in 114 anni di storia, ma non facciamo drammi. Ne abbiamo viste talmente tante e ci troviamo in una situazione tale che mi spaventa di più proseguire guidati dal presidente Cellino che scendere nei dilettanti. Ci vorranno 3, 4, 5 o 6 anni per risalire? Pazienza. Prima o poi ce la faremo. L’importante è che questo presidente se ne vada, che ci sia la certezza totale che non faccia più parte del Brescia e che la società venga restituita a chi la ama, alla città, a chi può garantirle un futuro”.
Quelle che riportiamo in apertura sono le parole di Marco, un semplice tifoso incontrato ieri sera. Il suo è un pensiero forte, estremo, ma comprensibile e condiviso da molti sostenitori biancoazzurri. Gli occhi tristi sono gli stessi di chi ha il Brescia nel cuore da una vita, di chi l’ha tifato, sostenuto, seguito ovunque. È lo sguardo di chi attende, sull’orlo del precipizio, dove il presidente Cellino ha trascinato il club con una gestione a dir poco scellerata.
Entro le 15.00 di oggi il presidente deve versare 3 milioni di euro per sottoscrivere l’iscrizione al campionato, atto dovuto al fine di garantire la permanenza della società nel calcio professionistico. Una certezza che, al momento, non c’è.
L’eventuale abdicazione avrebbe del clamoroso, anche perché rinunciare al Brescia sarebbe un’operazione discutibile dal punto di vista imprenditoriale, soprattutto nel momento in cui ci sono degli acquirenti seduti al tavolo delle trattative.
Non resta che attendere, divisi tra la serenità alla quale conduce un pensiero razionale e i timori di chi sa che da Massimo Cellino ci si può attendere tutto e il contrario di tutto, anche le mosse più imprevedibili e incomprensibili.
Sullo sfondo c’è Marco, e come lui migliaia di bresciani. Lì sull’orlo del precipizio, impotenti, a osservare la loro Leonessa, ma pronti a scendere nel dirupo per starle vicino e aiutarla a risalire. Ferita, ma finalmente libera.
Bruno Forza