Dal Giornale di Brescia
Quarantasei anni ieri. Proprio ieri. Il peggiore degli scherzi del destino per chi come lui ha il Brescia impresso sulla pelle. Letteralmente: sotto forma di un maxi tatuaggio. Roberto De Zerbi è l’allenatore del Marsiglia che ha conquistato l’accesso alla Champions League classificandosi secondo in Ligue1, alle spalle dei marziani del Paris Saint Germain. Nonostante lo standing internazionale, il tecnico ha sempre conservato la sua anima popolare, né ha mai rinnegato – e anzi ne fa vanto – la sua vicinanza al mondo della tifoseria organizzata. Eredità, insieme al tifo ossessionato per le rondinelle, del passato del padre Alfredo che fu coordinatore dei Brescia club. Tra l’altro, opportunamente camuffato con occhiali scuri e cappello, Rdz con tutta la famiglia era in gradinata ad assistere a Brescia-Reggiana, ultima di campionato e del Brescia con i suoi 114 anni.
De Zerbi, come sta?
«Fatico a trovare le parole. Sono incavolato nero».
Immaginiamo con Massimo Cellino…
«In realtà nemmeno tanto con lui. Sapete perché?».
Perché?
«Perché lui chi era lo aveva già ampiamente dimostrato. Non è degno di una sola parola. Anzi, a proposito di parole…».
Prego.
«Ci tengo a dire che non credo a una sua sola parola quando dice di essere stato imbrogliato o di essere una vittima. La sua storia dimostra in maniera esaustiva che non solo non può essere stato raggirato, ma che anzi lui ha sempre cercato di raggirare tutti».
Ha detto che non ce l’ha solo con Cellino…
«Chiedo: dove sono gli industriali? Quelli che da 30 anni sempre sottovoce dicono “prendiamo qua, prendiamo là”, ma poi non escono mai allo scoperto. Comunque: è un loro diritto e ci mancherebbe non investire nel Brescia, ma almeno non prendessero scuse del tipo “non entriamo per colpa dei tifosi” oppure “la gente non viene allo stadio”… In un contesto così, nel quale metto anche la politica, e partendo dal proprietario quella che si è verificata è stata la fine naturale».