“I bresciani sono lì, sull’orlo del precipizio, impotenti, a osservare la loro Leonessa, ma pronti a scendere nel dirupo per starle vicino e aiutarla a risalire. Ferita, ma finalmente libera”.
Lo scorso 6 giugno era questa la nostra fotografia della Brescia calcistica, sprofondata in un abisso ma consapevole di poter contare su un dna programmato per reagire. Sempre. Sono bastati 41 giorni, poco più di una Quaresima, per uscire dal sepolcro e tornare a ruggire.
Le metafore che incrociano sacro e profano abbondano e non potrebbe essere diversamente, perché ancora una volta il pallone ha dimostrato il suo straordinario potere, consentendo alla nostra città di scrivere una pagina di storia significativa, che eleva questo sport in una dimensione che trascende campi e classifiche, bacheche ed interessi economici, orpelli di un tempio i cui pilastri sono sostenuti da uno spirito che arde e… Unisce.
Union Brescia è molto più di un progetto sportivo, è un messaggio di cui fare tesoro, perché afferma a caratteri cubitali che l’unione fa la forza, adagio popolare che a Brescia non è mai andato troppo di moda, soprattutto nel mondo del calcio. La politica, finalmente, ci ha messo del suo, attivando pedine che erano congelate da tempo sullo scacchiere istituzionale e scoprendo di poter e dover incidere. Il “conclave” del 9 giugno con i presidenti delle società professionistiche è stata una mossa decisiva, dalla quale è scaturita l’investitura più logica che il territorio potesse produrre.
Giuseppe Pasini ha detto sì. L’uomo giusto al momento giusto. Il primo presidente capace di trovare quelle alleanze che i suoi predecessori non erano riusciti ad intessere con l’imprenditoria locale, storicamente restia a schierarsi in prima linea e a farsi ammaliare dalle sirene del Rigamonti. Il vento è cambiato, ed era inevitabile se a far squillare il telefono è il presidente di Confindustria Lombardia e patron di Feralpi Group, capace di portare in Serie B un paesino di 10mila abitanti come Salò.
Sarà il Brescia dei bresciani che in molti sognavano da tempo. Nel suo motore avrà un senso di appartenenza autentico, che può fare la differenza su più fronti, in ambito dirigenziale e non solo. Aimo Diana da Poncarale ed Emanuele Filippini da Urago Mella saranno autentiche garanzie in tal senso, così come tante altre figure chiamate ad operare dietro le quinte che stanno già dando il 110%.
In attesa che torni la V bianca sul petto, la simbologia nostrana trova tracce ovunque, dal nuovo logo alla maglia. L’identità torna a contare, ed è un’ottima notizia, che dovrà trovare estrema concretezza nel rilancio di un settore giovanile incenerito dal disinteresse e dalla disorganizzazione del recente passato, dove nonostante tutto il talento riusciva comunque a farsi largo, come certi fiori che sbucano tra le crepe dell’asfalto. Meraviglie di cui godranno altri club.
Bisognerà presidiare il territorio, riprendere il dialogo con il calcio dilettantistico, siglare alleanze e diventare la locomotiva dell’intero movimento, evitando di prestare il fianco alle invasioni di campo dei competitor, più strutturati ed efficienti nella ricerca dei calciatori del futuro.
Quanto alla prima squadra non basterà uno schiocco di dita. Ottenere la promozione dalla C alla B è una missione complessa, si sa. Carta d’identità e blasone non sono mai garanzie di successo. Serviranno tempo e pazienza. Essere Union significherà saper garantire alla squadra anche il tempo della semina, quella serenità di chi sa aspettare sognando di poter gioire in fretta, ma senza ansie da prestazione. Non va dimenticato il 6 giugno, quel precipizio, lo spettro dello scivolone in Eccellenza, l’incertezza del domani.
“Bisogna essere coerenti, promettere ciò che può essere mantenuto, parlare con onestà. Brescia mi insegna che i fatti sono più importanti delle parole”. Nel discorso di insediamento Pasini sfoggia subito un nuovo stile, una postura diversa, un accento in armonia con la piazza. Il suo è un approccio diametralmente opposto a quello del suo predecessore, che il 18 luglio 2017 si esibì in uno show stonato, oscuro presagio di un’era funesta. Massimo Cellino si presentò annunciando di essere il migliore di tutti, di non avere niente da imparare da nessuno, garantendo che non avrebbe fatto fallire il Brescia e rivolgendosi ai bresciani con distacco. “Voi”, ci diceva, prima di accendersi una sigaretta in sala stampa. Io e voi. Fu l’inizio di una dittatura che, passo dopo passo, scaraventò il club nel baratro.
Il 17 luglio 2025 è stato il giorno della liberazione. È tornato il tempo del “Noi”, e la data non è banale. Lasciamo perdere i deliri scaramantici del vecchio presidente. Ciò che emoziona è qualcosa di molto più autentico e viscerale. Sta nel fatto che il Brescia è rinato nel giorno del suo compleanno numero 114: l’inizio di una seconda vita. I meandri della storia ci hanno condotto sin qui, ad un nuovo inizio.
Le vicende del recente passato non possono lasciare indifferenti. C’è chi brinda al nuovo Union Brescia, chi temporeggia in attesa di conoscerlo meglio, chi è diffidente o scottato dagli eventi e chi resta ancorato al treno del “vero Brescia”, creatura leggendaria ridotta in bruco ripugnante da una gestione scellerata. La metamorfosi è stata inevitabile, provvidenziale. Per sopravvivere innanzitutto, ma anche per provare a diventare quella farfalla attesa da tanto, troppo tempo. Cellino, paradossalmente, è riuscito, seppur involontariamente, a dare la scossa ad una provincia addormentata e frammentata, che ora scopre la bellezza di fare sistema. Non tutto il male viene per nuocere.
L’appello di Pasini all’unione è strategico: “Faremo una buona squadra, ma ciò che conterà di più sarà avere il dodicesimo uomo in campo: i tifosi. Un valore aggiunto per noi, soprattutto in C”. Unione come parola d’ordine, anche sugli spalti. Una sfida che il club vuole vincere, riconquistando i suoi seguaci ovunque dispersi.
Giovedì la risposta della piazza è stata vibrante, emozionante, autentica. Nell’abbraccio dei bresciani a Pasini e nei cori sotto la Loggia c’era una miscela di rabbia per il dolore vissuto e di speranza per il futuro. Noi eravamo lì, dentro al cuore biancoblù. Nel video girato in quel momento storico si sente la voce di un tifoso che, avvicinatosi al presidente, gli stringe la mano e afferma: “Pres, abbiamo bisogno di gioia. Dobbiamo risorgere. Brescia deve risorgere!”. Una missione che è già iniziata.
Bruno Forza