dal Corriere della sera-Brescia
È un nome ben conosciuto quello che sostiene il progetto del «Calcio Brescia 1911 Asd» che intende far ripartire il calcio a Brescia dall’ Eccellenza mantenendo la continuità sportiva: si tratta di Pietro Lo Monaco, decano dei manager calcistici italiani e con un passato anche da direttore generale a Brescia con Corioni a cavallo del millennio, quando le rondinelle tornarono in Serie A. Rappresenta la società PLM Management Srl, attualmente proprietaria del 25% del Novara, che con un gruppo di investitori che sarebbero pronti a mettere sul piatto circa 5 milioni di euro per attuare un ambizioso piano di risalita dal calcio dilettantistico a quello professionistico in tre anni. Campo permettendo, ovviamente, ma gli intenti sarebbero questi, con tanto di richiesta al Comune di giocare il prossimo anno in una struttura comunale, il S. Filippo.
«L’investimento per il primo anno sarebbe da 900mila euro» spiega Filippo Marra Cutrupi, collaboratore della PLM che si è presentato in Loggia per esporre il business plan sostenuto al 25% da Domenico Panico (procuratore e responsabile area Tecnica della PLM ndr), al 25% dalla PLM stessa e per il restante 50% da una cordata di imprenditori «che al momento non intendono esporsi, ma lo faranno se il Comune presenterà una manifestazione di interesse». Palazzo Loggia fino ad ora si è mostrata riluttante a domandare alla Federcalcio di attivare la specifica norma (art.52 comma 10 del NOIF) introdotta per salvare la storia sportiva di quelle città che non si iscrivono ai campionati professionistici. Lo ha fatto invece il Comune di Ferrara con la Spal che, come il naufragato Brescia di Cellino, non è tecnicamente fallita, ma in liquidazione. Qui il sindaco ha trovato prima riscontro positivo nella Figc e successivamente pubblicato una manifestazione di interesse puramente ricognitiva, ovvero che si sarebbe potuta concludere anche con un nulla di fatto. Invece si sono presentate sei candidature ed alla fine il Comune ne ha segnalata una alla Figc, che l’ha accolta. Invece a Brescia, già in questa fase istruttoria prettamente informale, il Comune ha chiesto particolari garanzie, come se avesse già istituito una Commissione che dovesse decidere solo su una richiesta. Una scrupolosità che risulta anomala se confrontata con quanto accaduto in altre città.
Città che però non hanno intrapreso, come a Brescia nel caso della Union, la strada del trasferimento di una società professionistica per ovviare alla non iscrizione della precedente. Ma questo non fa differenza: la nascita di una nuova società professionistica come la Union non esclude di attivare il progetto di ripartire dai dilettanti mantenendo la continuità sportiva del vecchio Brescia Calcio. Categorie, storia e genesi le differenziano e, tra l’altro, esprimono anche le divisioni in seno ai tifosi del Brescia: c’è chi ritiene sia meglio ripartire dall’Eccellenza mantenendo la tradizione storica e sportiva, e chi invece intende guardare al futuro, ripartendo dal professionismo, forti di un impegno concreto di imprenditori bresciani nel calcio cittadino. Due opzioni alternative, non in conflitto, per le quali ognuno deve sentirsi libero di tifare, se lo crede. Al Comune invece il compito di esprimere il suo ruolo super partes: tutelare in maniera trasparente tutte le sensibilità.