Massimiliano Miri (Finchiusure), una vita costellata di porte: "Brescia è un'università per imprenditori"

“Imprenditori non si nasce, si diventa. Per me non è stato un percorso nato da una pianificazione, ma da un’esperienza che ho deciso di mettere a frutto con idee e coraggio. Ho commesso i miei errori, fondamentali per crescere. Non ho una laurea, ma credo di aver vissuto sul campo, e sulla mia pelle, la mia facoltà di economia e commercio”.

Massimiliano Miri descrive così la metamorfosi che lo ha condotto alla direzione di Finchiusure, azienda bresciana con sede a Folzano che progetta, realizza e installa porte automatiche, porte sezionali civili e industriali, porte telescopiche, pieghevoli e girevoli, oltre a sistemi di controllo accessi avanzati.

Originario di Porto Cesareo, in provincia di Lecce, Miri approdò a Brescia nel 1988. Quel giorno, probabilmente, aprì la prima porta della sua carriera. Ho vissuto più qui che in Salento, ormai mi sento bresciano, ma all’inizio non fu facile. Per noi meridionali non era tutto rose e fiori, anzi. C’era una mentalità molto chiusa. Oggi è diverso. Non ho mai avuto problemi, ero uno che sapeva cavarsela. Inizialmente coltivare amicizie era complicato, ma col tempo ho iniziato a tessere le mie relazioni, a scuola e non solo. L’esperienza di lavoro in discoteca e nei locali mi aiutò tantissimo da questo punto di vista e mi consentì di sviluppare competenze importanti nei rapporti umani, che ancora oggi sono preziose”.

Poi il cambio di rotta come direttore commerciale in un’azienda che produceva porte sezionali da garage, motorizzate e portoni a libro industriali. “Fu il preludio alla decisione di mettermi in proprio, presa nel 2007“.

Una porta socchiusa. “Qualcosa del genere. Vidi uno spiraglio interessante e decisi di mettere a frutto nuove idee e logiche di produzione e di vendita differenti. All’inizio eravamo io, mia moglie e altri due collaboratori. Dopo soli due anni arrivò la crisi del 2009. Una salita molto ripida da affrontare, ma ce l’abbiamo fatta”.

Nel 2013 il definitivo approdo a Folzano. “Oggi in questo capannone siamo una decina di persone, ho anche collaboratori esterni. Con il passare del tempo abbiamo fatto esperienza, capito come crescere, cambiato marchio e fatto evolvere il prodotto anche grazie all’importante partnership con Label, azienda di Parma. Puntiamo al cento per cento sul made in Italy“.

L’offerta di Finchiusure è estesa a chiunque: dalle grandi imprese alle piccole aziende fino ai privati. “Abbiamo cominciato nel settore ospedaliero, con le porte ermetiche per le sale operatorie, quelle piombate per radiografie e la terapia intensiva. Ci siamo dedicati anche a grandi supermercati e piccoli negozi, oltre ad aziende di ogni tipo che necessitano di portoni, rampe di carico, punti logistici. Facciamo davvero di tutto, anche in abitazioni private. Siamo strutturati per gestire tutta la filiera: dal disegno alla manutenzione passando per produzione, installazione e certificazioni“.

Sulle doti necessarie per essere un buon imprenditore nessun dubbio: “Serve una gran forza d’animo giornaliera, una motivazione che ti porti avanti nel tempo con costanza. Occorre saper instaurare rapporti di qualità con le persone, soprattutto con i tuoi collaboratori. Le aziende moderne poggiano su gruppi di lavoro, non c’è più il titolare inteso come una volta. Emerge quando bisogna investire e assumersi delle responsabilità. Se guidi un’azienda sai che deve essere così. Sei il primo ad arrivare e l’ultimo a tornare a casa; il primo a pagare e l’ultimo a incassare ciò che rimane a fine mese. Per riuscire ad avere continuità nel tempo occorrono destrezza, abilità, molto coraggio e pazienza, ma l’automotivazione viene prima di tutto“.

Essere imprenditore a Brescia, poi, è una palestra professionale. “Confrontandomi con alcuni imprenditori locali ho imparato tanto e devo ammettere che avere un’attività qui è una scuola quotidiana. Brescia è un’accademia per chi fa impresa, soprattutto nel commercio. Ho girato molto in Italia ed i ritmi che abbiamo qui sono unici, si viaggia ad una velocità superiore, con maggiore dedizione e e puntualità, anche se nell’ultimo decennio c’è stato un rallentamento. Il nostro focus è regionale, ma se serve prendiamo commesse anche in altre regioni. Ci è capitato di lavorare pure all’estero, in Senegal. Nei tre palazzi ministeriali di Dakar abbiamo installato 82 porte automatiche. Nel nostro storico ci sono anche resort e alberghi importanti a Firenze e in Toscana, a Milano, Como, Varese. Facciamo manutenzione in tutti i supermercati Conad della regione. Al di là di tutto la nostra priorità è avere un livello di attenzione capillare al mercato del territorio. Sono fermamente convinto del fatto che ci sia ancora molto da fare sull’asse dell’autostrada A4, da Milano a Vicenza passando per Bergamo, Brescia e Verona”. 

Quanto agli obiettivi per il futuro il binario è doppio: azienda e famiglia. “Da un lato punto a far crescere il personale, dall’altro a dedicarmi di più ai figli. Quando sono diventato padre ero già maturo, avevo 42 anni e mezzo. L’attività ti porta via tempo. Per fortuna il fine settimana riesco ad essere tutto per loro e a seguirli nei loro impegni calcistici nelle giovanili dell’Ospitaletto. Il mio desiderio è condurre Finchiusure ad un livello di autosufficienza garantito da risorse umane all’altezza della situazione, non voglio essere un accentratore anche se in certi frangenti la mia figura è sempre stata e resta fondamentale. Spero che in futuro l’azienda possa camminare da sola, un desiderio che accomuna tutti gli imprenditori. Sarebbe bello anche puntare sui giovani, ma non è semplice: le scuole professionali non preparano davvero al mondo del lavoro e nei ragazzi c’è sempre meno predisposizione e passione per le professioni manuali. In ogni caso noi andiamo avanti con convinzione per formare le persone e mirare ad un miglioramento continuo“.

C’è spazio anche per un sogno ambizioso: “Non nascondo che un giorno mi piacerebbe sviluppare delle filiali in Italia, magari in collaborazione con altri marchi. Credo sia bello e significativo esportare una metodologia di successo, aprire le porte a nuovi orizzonti. È ciò che ha fatto anche CalcioBresciano portando il suo know-how a Mantova e Bergamo”.

Il pallone, da Finchiusure, è di casa: “Per me il calcio è un gioco di squadra, e come tutti i giochi di squadra insegna a comunicare con gli altri e a stare insieme a loro. Questo genera esperienze belle e brutte, ma servono tutte. Conosci il buono, il cattivo, il prepotente, il generoso, l’ambizioso, l’umile. È formativo. Credo che nel calcio i ragazzi sviluppino tante capacità e possano costruire amicizie preziose. Per me è importante che i miei figli facciano sport. Alla loro età in molti sognano di fare i calciatori, ma è difficilissimo. Meglio avere una mentalità aperta. In ogni ambito le prospettive possono essere molteplici e tutte interessanti: l’educatore, l’allenatore, il dirigente, fisioterapista, il giornalista. Ci sono innumerevoli opzioni. Spero che, comunque vada, restino degli sportivi per tutta la vita”.

Bruno Forza

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