Allenatore e preparatore atletico, due figure davvero complementari tra le quali esiste sinergia totale? Se ne è discusso ieri a Montichiari, al Garda Forum, nel dibattito promosso dall’Aiac bresciana. Sul “ring” cinque allenatori e cinque preparatori, tutti rigorosamente bresciani, di età e con esperienze diverse, per favorire la discussione e il confronto.
Tra i tecnici il decano Gigi Cagni, con lui Antonio Filippini e gli emergenti Giovanni Valenti, Andrea Bonatti e Davide Bersi, rispettivamente impegnati ad alto livello nei settori giovanili di Parma, Juventus e Brescia. Tra i preparatori atletici, la “vecchia guardia” con Gigi Febbrari (ora nell’Albania di Reja, che se lo è portato ovunque), Marco Bresciani (Feralpisalò) e Carlo Nicolini (8 campionati e una coppa Uefa vinta con lo Shakhtar Donetsk, che è ancora il club nel quale milita seppur con un ruolo più dirigenziale) affiancati dai giovani Alberto Pasini (Primavera Atalanta) e Emanuele Tononi (Spal, con Clotet).
Nelle due ore abbondanti di discussioni, al centro la sinergia tra i due ruoli e l’evoluzione del preparatore in questi anni nel suo rapporto con il tecnico. Secondo Gigi Cagni, la svolta è avvenuta nei primi anni del 1980 quando si è fatta largo la figura del preparatore atletico nei club, evoluta poi a cavallo del nuovo secolo come ha ricordato un “born to run” come Antonio Filippini. Spesso gli uomini “della corsa” possono diventare anche allenatori in seconda o in prima: è successo ad Andrea Bonatti, cresciuto con Menichini e divenuto poi autonomo alla Lazio e alla Juve, e allo stesso Pasini che nel settore giovanile ha svolto anche il ruolo di allenatore in prima.
Secondo Carlo Nicolini, il quale sta studiando per diventare allenatore, il ruolo del preparatore andrà pian piano a estinguersi perché negli staff tecnici, dove impera ora l’analisi della tattica e lo studio video dei dati tramite il match analyst. Di opinione opposta il pensiero di Cagni, critico verso il calcio moderno in cui la qualità sta andando estinguendosi, più vicini a una nuova commistione di ruoli gli emergenti che hanno portato le proprie esperienze di vita sul campo.
Interessante il tema portato alla ribalta da Antonio Filippini, quasi sempre subentrato a stagione in corso nelle sue ultime squadre allenate, il quale non ha mai potuto scegliere un preparatore di fiducia ma si è trovato a dover convivere con quello stipendiato dal club: inevitabile una prima fase di studio reciproco, dopo la quale il rapporto deve però decollare come sta succedendo a Salò in modo proficuo tra mister Vecchi e il prof. Bresciani, o a Ferrara tra Clotet e Tononi.
La palla e la corsa non possono più viaggiare a compartimenti stagni come avveniva in passato, ora la fusione è totale. Ma senza gioco di squadra, anche nello staff tecnico, le partite non si vincono.