Giorgio Benedetti, il calcio visto da Serle: concretezza, fame e coraggio

Fare calcio in un paesino di 3mila anime a 500 metri di altitudine in un territorio denso di società sportive valorizzando la propria identità senza rinunciare a sinergie vincenti. Il fulcro del progetto targato Serle è in questi concetti di rilievo, ma è tutto da raccontare.

Ad accoglierci per presentare la sua realtà è il presidente Giorgio Benedetti, reduce da una stagione da incorniciare. “La promozione in Seconda Categoria è stata un coronamento di un bel percorso. Sapevamo di poterci riuscire perché eravamo consapevoli di avere a disposizione una prima squadra attrezzata per il salto di categoria. Ci eravamo già strutturati nella stagione precedente, puntando su Bontacchio: mister di esperienza e che era già stato da noi in passato. Direi che è stato fatto un ottimo lavoro sotto tutti i punti di vista”.

Un perfezionista come Benedetti, tuttavia, trova il pelo nell’uovo e lo mostra a tutti, impartendo una lezione per il futuro: “Mi piace dare sempre il massimo, in tutti i campi della vita. Alle finali Scudetto la mia squadra non ha fatto leva su questo spirito. Potevamo mettere una ciliegina succulenta sulla torta e centrare un traguardo importante, invece ho avuto l’impressione che in molti abbiano vissuto un triangolare potenzialmente storico come se fosse una partita tra amici, con la pancia già piena. Mi aspettavo più fame, voglia di arrivare più in alto possibile. La mia mentalità è questa: bisogna spingere sempre e non fermarsi mai”.

Poi la confessione: “Ammetto di essere un presidente rompiscatole. Dalla tribuna mi faccio sentire parecchio, non riesco a tenere la bocca chiusa. I ragazzi sono abituati, sanno che non voglio offendere o pressare nessuno, ma semplicemente spronare. Per me se uno sta dando 100 non basta, deve puntare a 101”.

Guardando al futuro nessun dubbio: “La parola salvezza non deve essere nemmeno pronunciata: la ritengo poco stimolante. Credo che il Serle debba restare in scia delle prime in classifica e coltivare il sogno play-off. Insomma, essere protagonista. Prima di pensare agli obiettivi sportivi, tuttavia, la nostra priorità è far quadrare i conti. I bilanci della società devono essere sani e possiamo promettere ai nostri tesserati solo ciò che è possibile mantenere. Qui funziona così. Il rispetto della parola data viene prima di tutto”.

Benedetti conosce la sua creatura e sa dove può collocarsi nello scacchiere del calcio bresciano, ma sognare non costa nulla: “La Seconda è la nostra categoria, ma va ricordato che in passato siamo stati in Prima con le nostre forze, quindi non avremo il freno a mano tirato. Entreremo sempre in campo per vincere, anche con chi sulla carta è più forte di noi. Daremo il massimo, poi sarà il campo a decidere dove potremo arrivare”.

A far ben sperare c’è anche la qualità del gioco messa in mostra nel campionato scorso. “È vero, il Serle ha messo in mostra un bel calcio, ma in Terza Categoria non sempre paga. Ho visto una squadra propositiva, abile nel possesso palla e nelle trame di gioco offensive, ma che riusciva a concretizzare poco rispetto alla mole di occasioni create. Mi conforta il fatto che questa filosofia possa averci fatto maturare più velocemente ed essere più pronti per il salto di qualità, anche perché le prestazioni migliori le abbiamo sempre fatte contro le avversarie più forti”.

Nel prossimo futuro, complice anche l’obbligo dei giovani in rosa, bisognerà guardare sempre più ai rinforzi dal vivaio: “È un imperativo. Nei nostri Juniores la maggioranza dei ragazzi è di Serle e vogliamo portare i più pronti in categoria. Già l’anno scorso erano cinque. Nella nostra filiera abbiamo anche Primi Calci e Pulcini, mentre su Giovanissimi e Allievi collaboriamo con il Nuvolento, che ormai è anche la sede di tutti i nostri allenamenti. Serle è il fortino in occasione delle partite”.

Nuvolento è società amica e partner ideale, ma tra i modelli di riferimento il presidente Benedetti guarda a Gavardo: “Tra le altre società bresciane ho sempre stimato proprio loro. Hanno tantissimi ragazzi, un settore giovanile importante con categorie regionali e una prima squadra zeppa di ragazzi del territorio. È un bacino e un punto di riferimento importante, un esempio anche di gestione economica virtuosa. Devo fare i miei complimenti al presidente Tonoli”.

E i serlesi come vivono il calcio? “Qualche appassionato in tribuna c’è sempre. I residenti apprezzano quello che facciamo, soprattutto con i bambini, ai quali dedichiamo tutti i nostri sforzi e la nostra passione supportando anche le famiglie nel periodo estivo, con l’organizzazione dei camp sportivi. Abbiamo un direttivo che fa un lavoro straordinario, perché preferisce l’autentica operatività all’appartenenza statica ad un organigramma. Siamo una quindicina più una decina di collaboratori, ma siamo in grado di attivare una rete di volontari che, all’occorrenza, ci dà una mano, come in occasione dell’organizzazione dei tornei. Devo ringraziare tutti loro e gli sponsor, anche perché danno una mano volentieri, senza farsi cercare o rincorrere. Tra i nostri obiettivi c’è anche quello di garantire loro risalto e prestigio”.

A proposito di prestigio la prospettiva di affiliarsi ad un club professionistico non entusiasma: “Ci era stata proposta, ma riteniamo sia una palla al piede per un paesino come il nostro. Alcuni nostri bambini vengono visionati da società professionistiche di tanto in tanto, un paio all’anno spiccano il volo e per i nostri numeri è un dato significativo. Quando accadono situazioni di questo tipo fa piacere, se c’è talento è giusto dare un seguito di livello al loro percorso, anche se li terremmo qui volentieri. Fusioni con altre società? No, siamo a nostro agio in questa dimensione. Da fuori ho visto tante realtà che hanno puntato in alto. Sembrava dovessero spaccare il mondo e sono scoppiate nel giro di poco tempo. Noi siamo orgogliosi del nostro orticello e forse a mettere insieme troppe teste si corrono rischi eccessivi. Ci piace una gestione semplice, con un’identità specifica in grado di garantire un servizio di qualità, in cui bambini e ragazzi siano seguiti al meglio”.

Prima di proiettarsi all’anno che verrà un ultimo tuffo nel passato: “Il ricordo più bello della passata stagione? La vittoria dell’ultima partita. Nel finale non respiravo più, il pallone era pesantissimo. Contro la Valtenesi, poi, abbiamo vinto negli ultimissimi minuti con un gol di Campaore, che ha sempre giocato poco ma ha segnato una rete storica. È stata una grande gioia, probabilmente la svolta del campionato, a testimonianza che nel calcio, che è un gioco di squadra, è fondamentale il contributo di tutti”.

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