Spas Academy, puntata numero 7 - Il calcio si evolve e gli infortuni aumentano. Un focus sulle cause e sugli intoppi più frequenti

Il calcio ha in ambito sportivo un grosso impatto in termini di percentuale di infortuni. Le innovazioni tattiche, come per esempio il pressing, il forcing, il fuorigioco, il raddoppio di marcatura, hanno costituito ulteriori e importanti fattori di rischio di traumi, sia per patologie acute sia per quelle croniche da sovraccarico funzionale. Oggi, inoltre, con l’aumento della velocità di gioco e una preparazione atletica sempre più performante, le azioni spesso si svolgono in fazzoletti di campo molto ristretti dove sono presenti numerosi giocatori che si contendono la palla, queste fasi di gioco diventano i momenti in cui aumenta la possibilità di eventi traumatici come contrasti, impatti e collisioni. Spas Srl è al fianco delle società, degli staff medici e dei fisioterapisti impegnati nell’importante compito di prevenzione, cura e riabilitazione degli atleti.

Altri fattori relativi alla al settore professionistico aumentano la probabilità di infortuni, quali:
– Il numero totale di gare ufficiali
– Gli avvii di stagione troppo affrettati
– L’impossibilità di eseguire con regolarità i programmi d’allenamento, di prevenzione e di riabilitazione.

Tutto ciò comporta una forte crescita della percentuale di infortuni, sia tra gli atleti professionisti sia tra gli sportivi amatoriali. 
Tra i diversi fattori di incidenza ricordiamo:
– L’aumento della velocità di gioco
– La maggiore rapidità d’esecuzione del gesto atletico
– Le diverse tipologie d’allenamento
– Il numero di sedute settimanali

In Europa, infatti, oltre il 50% dei traumi sportivi è attribuibile al calcio. Gli infortuni più frequenti nei giocatori riguardano gli arti inferiori (la coscia, il ginocchio, la caviglia, il piede) e la schiena. Al contrario, per il portiere i traumi più frequenti riguardano l’arto superiore. Gli infortuni possono essere causati da traumi da gioco  aereo o per impatto contro il suolo, per scontro fisico, o per movimenti eseguiti con eccessiva sollecitazione.

In età adulta le patologie più frequenti di chi pratica il calcio sono le lesioni muscolari, le tendinopatie inserzionali (pubalgia, tendinopatia rotulea) e le distorsioni al ginocchio e alla caviglia.

Distinguiamo infine tra gli infortuni nel Calcio, i traumi diretti e quelli indiretti:
– Diretti: dovuti a contrasto con l’avversario
– Indiretti: dove non c’è un contatto diretto e il trauma insorge attraverso un errato gesto atletico o per sovraccarico, come nell’esecuzione di un colpo di testa o nella ricaduta a terra.

Per prevenire alcuni infortuni, quindi, i calciatori dovranno allenarsi per uno sviluppo muscolare armonico. La riabilitazione ha il compito di far riprendere all’atleta l’attività sportiva il più rapidamente possibile ed in condizioni di sicurezza. L’obiettivo finale è il ripristino della funzionalità precedente alla lesione. Il principio della precoce ripresa dell’attività agonistica o comunque sportiva non deve però essere anteposto all’ottenimento della completa guarigione e alla prevenzione delle recidive.

Ogni patologia ha dei protocolli diversi. Solitamente, però, in fase acuta i primi provvedimenti sono riassunti nell’acronimo americano P.R.I.C.E. (Protezione,Riposo, Ice (ghiaccio), Elevazione, Compressione). L’immobilizzazione deve essere, per quanto possibile, limitata. Nei pazienti che non richiedono immobilizzazione, già dopo pochi giorni si può passare ad esercizi di mobilizzazione attiva assistita (con l’aiuto del terapista) con il recupero dell’escursione articolare. Nei soggetti con immobilizzazione possono essere effettuati precocemente esercizi isometrici anche se si porta un tutore.

La fisioterapia ha, però, un altro ruolo molto importante, spesso sottovalutato, che è quello della prevenzione e “Prevenire è meglio che curare” soprattutto in ambito sportivo. In questo articolo faremo riferimento solo ai traumi degli arti inferiori, che costituiscono la sede con più incidenza nel Calcio, e in particolare a quelli dalla caviglia e del piede.

Considereremo la tipologia dei traumi di gioco, la loro classificazione rispetto all’entità e alla sede del danno tissutale, l’eziologia e i trattamenti sia ortopedici che riabilitativi.

Contusioni
Sono lesioni traumatiche prodotte dalla violenta compressione di un agente esterno sulla superficie del corpo, oppure dalla proiezione del corpo su un ostacolo ad una certa velocità. Possono essere prodotte per trauma diretto che è rappresentato nel calcio da un contrasto contro un altro giocatore, con il terreno di gioco successivo a caduta o per urto contro i pali della porta, che generalmente nel calcio riguarda il portiere.
Le lesioni contusive sono più evidenti in quei tessuti che vengono a trovarsi compresi tra un corpo contundente e un tessuto più resistente, rappresentato dalle ossa, articolazioni o dal tessuto muscolare contratto. La cute reagisce all’urto mentre il tessuto sottocutaneo subisce soluzioni di continuo a carico dei vasi della regione.
Se la contusione è di lieve entità lo stravaso ematico si infiltrerà solo nel tessuto sottocutaneo provocando un’ecchimosi. Quando la contusione è notevole lo stravaso ematico tenderà ad infiltrarsi nei tessuti e a raccogliersi nelle cavità causando ematomi. Si è soliti classificare di grado da 1 a 3 secondo l’entità della lesione.
Nella maggior parte dei casi è utile un’applicazione immediata di borse di ghiaccio. In quelle più complicate si raccomanda il drenaggio della raccolta mediante aspirazione, seguita da bendaggio comprensivo e scarico dell’arto. Non è richiesto un particolare programma riabilitativo.

Lussazioni
Le lussazioni della caviglia sono evenienze piuttosto rare, soprattutto se pure, cioè senza altre lesioni. Molto spesso si associano ad una frattura malleolare (solitamente a carico del malleolo laterale o peroneale).
Il meccanismo più frequente è quello di una qualsiasi distorsione in supinazione (cioè con il piede ruotato all’interno) associato ad una caduta in avanti dell’individuo. Spesso vi è una predisposizione a questo tipo di trauma, cioè una debolezza costituzionale dei legamenti della caviglia. La lussazione, quindi, più facilmente riscontrabile è quella interna (le altre, cioè esterna, anteriore e posteriore sono quasi costantemente associate a fratture); il piede è deviato all’interno e il dolore e il gonfiore sono antero-laterali.
Risulta impossibile il movimento e talvolta coesistono danni ai nervi o ai vasi sanguigni, che recuperano solo se la riduzione avviene in tempi non lunghi.
La terapia consiste nella tempestiva riduzione e talvolta è piuttosto impegnativa tanto da richiedere l’uso di anestesia totale. Successivamente si confeziona uno stivaletto gessato per 4-6 settimane, cui segue un intenso programma riabilitativo.
Spesso si verifica una recidiva (cioè un nuovo episodio di lussazione), che in molti casi avviene dopo traumi minori evidenziando così una debolezza della caviglia che richiede un trattamento chirurgico di stabilizzazione. L’intervento ha l’obiettivo di creare una barriera laddove la caviglia trova la strada per fuoriuscire, ad esempio suturando i residui legamentosi danneggiati e accollandoli all’osso (malleolo peroneale) con punti che attraversano l’osso stesso. Dopo questo tipo di terapia, se correttamente eseguita, è in genere possibile ritornare in campo, anche se, nei casi più gravi di instabilità su base costituzionale, talvolta è sconsigliabile.

Sindrome da imprigionamento
La sindrome di imprigionamento è una sindrome dolorosa causata dalla frizione dei tessuti dell’articolazione che provoca un’alterata biomeccanica dell’articolazione. Da un punto di vista sia anatomico sia clinico si distinguono sindromi di imprigionamento di ossa, tessuti molli neuropatia di imprigionamento, a seconda di quale porzione di articolazione è coinvolta.
La più frequente sindrome di imprigionamento della caviglia tra gli infortuni nel calcio è l’imprigionamento anterolaterale. È causato da traumi ripetuti in plantaflessione e in intrarotazione della caviglia, associato a traumi ai legamenti tibio-fibulare e astragalo-fibulare anteriore. Si comporta come un’infiammazione cronica dei tessuti cicatrizzanti con sinoviale iperplastica reattiva. Il sintomo più comune è il dolore cronico anterolaterale, gonfiore e instabilità della caviglia, causato dalla compressione del malleolo laterale contro l’astragalo.
Un’altra evenienza solitamente vista tra gli infortuni nel calcio, è l’imprigionamento del seno del tarso. Le strutture legamentose e neuromuscolari, ricoprendo il seno del tarso possono essere compressi per una infiammazione del tessuto grasso dentro il seno o per una reazione sinoviale dell’articolazione sottoastragalica.
Tra gli infortuni più comuni nel calcio, la prima articolazione metatarso-falangea può essere interessata da lesioni che coinvolgono non solo il distretto articolare ma anche le strutture molli periarticolari. Oltre il quadro classico del dito da Turf Toe, in particolare fra i traumi nel calcio professionistico, frequente è il riscontro di diastasi (allontanamento dei frammenti) dei sesamoidi bipartiti della 1° articolazione MTF.
Tali patologie predispongono all’alluce valgo e/o rigido, condizioni che in non pochi casi richiedono un intervento chirurgico correttivo. L’uso di calzature sportive idonee nel calcio, risulta essere di estrema importanza e ciascun tipo di scarpa deve essere utilizzata solo per le condizioni della superficie (asciutto/bagnato) o del tipo di superficie (naturale/sintetica) per cui è stata ideata. In caso contrario si riduce la sicurezza della calzatura e insorgono i traumi.
L’imprigionamento tibio-astragalico anteriore è una frequente sindrome di dolore che può essere causata da un’escrescenza dell’osso verso l’esterno, sul dorso dell’articolazione tibio-astragalica. Ne risulta dolore durante la dorsiflessione del piede.

Fratture
A seconda dei risultati ottenuti, sarà l’ortopedico a consigliare il momento in cui iniziare la riabilitazione che, anche nei casi non operati, mira a risolvere i problemi legati all’uso prolungato del gesso. La caviglia avrà cambiato completamente il suo aspetto, sarà difficile riconoscere la forma dei malleoli e del polpaccio, sarà ricoperta da pelle dura, arrossata e secca, si avrà difficoltà a muoverla e difficile sarà la deambulazione. Molta importanza riveste la terapia manuale effettuata dal rieducatore, completata da esercizi propriocettivi sulle tavolette instabili. Gli obiettivi consistono nel ritorno alla deambulazione corretta ed all’attività lavorativa a 3 settimane dalla rimozione del gesso, iniziare la corsa sul tapis roulant a 2 mesi e il ritorno all’attività sportiva a 3 mesi dalla rimozione del gesso.
Un trauma di tipo distorsivo, particolarmente violento, può provocare delle fratture a carico dei segmenti ossei che formano la caviglia. I sintomi sono immediatamente importanti e si accompagnano all’impossibilità di deambulare. Se le fratture, che interessano solitamente i malleoli, non sono molto spostate, viene confezionato un gambaletto di gesso o indossato un tutore rigido, che va tenuto per circa 35 giorni. Se invece i monconi di frattura si sono allontanati; l’intervento chirurgico è l’unica strada che può condurre ad una corretta consolidazione, e prevede l’uso di viti e piccole placche metalliche per tenere uniti i frammenti. Seguirà un periodo di immobilizzazione e di carico protetto con stampelle.

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