Dal Giornale di Brescia
In Loggia la potranno sfogliare e analizzare nelle prossime ore, chiedendo – se necessario – integrazioni e approfondimenti. Ma la perizia, adesso, c’è: per la società di Torino (ingaggiata dal settore Valorizzazione patrimonio pubblico) lo stadio Rigamonti «vale» circa 16 milioni di euro. La cifra, in realtà, oscilla: il valore medio (stando all’incrocio dei diversi parametri) è di 16,8 milioni, ma c’è un 10% che «balla». La forbice va dunque dai 15.120.000 euro ai 18,4 milioni, a seconda che si sottragga o si sommi quel delta del 10%. Sotto esame. Ma se la Loggia scegliesse in via definitiva di mettere sul mercato lo stadio, quali sarebbero le opportunità sul tavolo? Per chi volesse farsi avanti, il ventaglio di opzioni non si fermerebbe al solo campo da gioco, come descrive la scheda dedicata al Rigamonti inserita nel Piano di governo del territorio (Pgt) in vigore. Sul piatto – pur mantenendo la vocazione a servizi sportivi – c’è infatti anche la possibilità di realizzare attività ricettive, commerciali, direzionali (alias: la possibilità di realizzare bar, ristoranti, negozi, uffici e servizi). Tutte funzioni da distribuire tra la struttura polifunzionale dell’impianto e i volumi che costituiscono il portale su via dello Stadio (in sostanza nello spazio che occupava la vecchia piscina e in quello dedicato ai parcheggi vip): tutto questo «oltre agli spogliatoi e ai locali di servizio previsti». Il Pgt prevedeva seimila metri quadrati, ma nel frattempo questa superficie è stata in parte già utilizzata: restano però ben 5.350 mq per un mix funzionale redditizio, un tesoretto di funzioni che di certo, da un lato, alza il valore dell’area ma che nel contempo, dall’altro lato, potrebbe rappresentare un valore aggiunto per i potenziali acquirenti. Non a caso uno dei parametri utilizzati dalla perizia, oltre a quello reddituale, è proprio il costo residuale (tradotto: il valore potenziale di trasformazione del comparto in base alle previsioni del Pgt). Un altro fattore chiave capace di fare oscillare il valore della struttura di Mompiano è rappresentato dagli utilizzi alternativi, un esempio pertutti: un palinsesto di concerti.
Fin qui il dossier tecnico, che non è però l’unico: la partita (e la filiera decisionale) politica è determinante. La sindaca finora non ha escluso la vendita dello stadio, ma non l’ha neppure decretata. La perizia non esaurisce l’iter esplorativo, semmai lo avvia. La strada della «vendita classica» è articolata: in quel caso, la Loggia dovrà inserire il Rigamonti nel piano dismissioni (che va votato in Consiglio comunale), quindi procedere con un bando pubblico (uno dei criteri è che venga acquisito da una squadra di Brescia). E se non ci fossero offerte? Si potrebbe passare a una trattativa privata. Esiste però la legge stadi, che apre anche una seconda alternativa: se una società volesse riqualificare lo stadio, potrebbe redigere il progetto per realizzare un impianto più moderno (ristrutturandolo) oppure nuovo (ricostruendolo) e presentarlo alla Loggia. A quel punto, con il placet del Comune, la società potrebbe mettere a gara quello specifico disegno (e avrebbe diritto di prelazione). A questo punto le opzioni sarebbero tre: la cessione della proprietà, l’usufrutto fino a trent’anni, la concessione fino a novant’anni (sul modello Torino e scelto dall’Udinese).
L’architettura dell’eventuale bando è dunque il passaggio più delicato: sarà prevista anche una riqualificazione per Mompiano? Il Brescia Calcio avrà diritto di prelazione? E se sì, in che modo? Qualora ad aggiudicarsi l’area fosse un’altra società, dovrebbe condividere il campo? Questo significherebbe raddoppiare le partite con un calendario che coprirebbe ogni fine settimana. Tutte domande a cui a rispondere non potrà essere una perizia (più o meno circostanziata o minuziosa). Dovrà farlo necessariamente la politica.

