Quella del Cast Brescia è stata una stagione strepitosa, che resterà nella storia del calcio bresciano a prescindere dall’esito della semifinale di ritorno di Coppa Italia.
Con il campionato in archivio, tuttavia, c’è da registrare l’ormai imminente separazione in vista tra il presidente Maurizio Imperiale e Sandro Musso, che l’estate scorsa decisero di imbastire una collaborazione con l’ambizione di compiere quel salto di categoria centrato definitivamente ieri sul campo di Darfo.
Una convivenza durata una sola annata, dunque, imbastita su patti chiari e obiettivi comuni, nel segno di un rispetto reciproco incanalato in perimetri ben definiti, nei quali non è stato possibile far sbocciare alchimie e intese. Sono stati mesi da separati in casa, con momenti di serenità alternati a picchi di tensione, come in occasione dell’addio di Marrazzo, ma senza mettersi i bastoni tra le ruote perché il bene comune, che alla fine ha prevalso, veniva prima di visioni e filosofie diametralmente opposte. Un sodalizio che, evidentemente, è stato possibile solo in un orizzonte temporale a breve termine.
“Imperiale sarà il presidente della repubblica – disse Musso a inizio stagione -, io sarò il primo ministro”. Così è stato, con l’ex Mantova ad avere carta bianca sulla gestione della prima squadra ed il patron a defilarsi nell’ombra, pur tenendo in mano le redini della società ed auspicando la buona riuscita del progetto, senza dimenticare un settore giovanile con numeri importanti.
“Togliamo il Disturbo” è il messaggio che ieri campeggiava sulle maglie celebrative del Cast Brescia. Una frase che può essere interpretata in molti modi e che, inevitabilmente, costituisce anche un richiamo all’ormai imminente divorzio tra i due uomini cardine del club.
L’assenza di Imperiale al Seconda Classe, sede della festa per la vittoria del campionato, la dice lunga sulla situazione e nelle dichiarazioni di Sandro Musso ci sono chiari indizi sul futuro. “La mia intenzione è collaborare con chi vuole condividere davvero con noi questo modo di fare calcio. Capisco che questa filosofia non possa piacere a tutti. Imperiale? Io non devo sedermi a un tavolo con nessuno. Lo rispetto molto, è il presidente della società perciò è lui che ha vinto questo campionato. Io ovviamente devo fare in modo che la mia idea sia condivisa da chi cercherà di partecipare con noi ad un nuovo corso”.
Parole che sanno di addio, con un ritorno a Rezzato come destinazione sempre più probabile, magari assorbendo da altre realtà l’Eccellenza perduta dal Dor.
Imperiale, invece, resterà sulla sua poltrona, ma in Serie D, tornando con ogni probabilità alla vecchia denominazione e al viola del Castegnato: “Sono davvero felice per questa promozione – ci ha confessato in mattinata -. L’ho desiderata e sfiorata nelle passate stagioni, ora è realtà. Centrare questo traguardo mi riempie d’orgoglio, così come la prospettiva di avere una Juniores nazionale. Credo che sia il giusto premio per un percorso in crescita costante iniziato nel 2007, anno di fondazione della società. Io e Musso abbiamo visioni diverse, ma deve essere chiara una cosa: qui non sono state fatte fusioni di alcun genere, né società nuove o progetti in condivisione. Il club che dirigo è lo stesso da 16 anni, abbiamo vinto campionati e scalato categorie senza acquistarne mai. Quest’anno Musso è stato al mio fianco e se andrà per la sua strada io andrò per la mia senza problemi. Basterà cambiare nome, come abbiamo fatto all’inizio di questa stagione. Ora la mia priorità è mettere radici in D. Ci proverò con la mia visione e senza fare voli pindarici”.
Bruno Forza