Il suo Ospitaletto è già campione d’inverno. Otto punti di vantaggio sul Castiglione e un destino che sembra già scritto. Il presidente degli orange Giuseppe Taini si gode il primato in solitaria, frutto di 15 risultati utili consecutivi realizzati da una squadra ancora imbattuta.
“Non sono il tipo che si fa venire le vertigini. Da quando sono alla guida dell’Ospitaletto abbiamo vissuto spesso al vertice della classifica in diverse categorie, quindi siamo abituati sia a gestire la pressione sia ad inseguire obiettivi ambiziosi. Siamo in linea con ciò che avevamo prospettato ad inizio stagione. Le difficoltà dell’avvio non mi hanno spaventato. Eravamo consapevoli del fatto che, visti i profondi cambiamenti, avremmo dovuto concedere al gruppo un periodo di rodaggio e così è stato. Ci è costato la Coppa, dove siamo stati eliminati subito, ma non mi fascio la testa, anzi. Sappiamo benissimo che per arrivare in fondo come è capitato l’anno scorso al Cast Brescia occorre compiere una cavalcata lunga, complicata e per certi versi anche logorante. Poteva essere un contesto prezioso per far sentire tutti protagonisti, ma troveremo il modo per toglierci comunque grandi soddisfazioni. La priorità assoluta è il campionato. Vedo un gruppo unito e questo è l’aspetto più importante”.
L’armonia all’interno della nuova compagine societaria è il valore aggiunto rispetto a ciò che accadde un anno fa a Castegnato, dove il binomio Imperiale-Musso funzionava a meraviglia in campo ma non era idilliaco dietro le quinte. “Ritengo che se i patti sono chiari e i ruoli ben definiti fin dall’inizio le alchimie non possano che funzionare. In Sandro e Paolo Musso ho trovato interlocutori credibili, preparati, appassionati. Sono entrati nel club, hanno la loro fetta societaria, contribuiscono al budget stanziato e hanno incarichi precisi più attinenti all’area sportiva. I miei compiti sono altri, pestarsi i piedi è impossibile e non avrebbe alcun senso. Una società funzionante e vincente è come una macchina nella quale ogni ingranaggio assolve la sua funzione. Io non ho il desiderio di scegliere i giocatori o di frequentare assiduamente campo e spogliatoi. Ovviamente dico la mia, ma ho grande rispetto dei ruoli e fiducia nel lavoro di tutti. In questo modo penso che potremo collaborare a lungo”.
Una fiducia che è totale anche nei confronti di mister Quaresmini: “È un tecnico che ha vinto, ma soprattutto che ha dimostrato di saper gestire gruppi e singole persone. Credo che al di là di queste doti indiscutibili sia anche bravo a sviluppare idee che vanno al di là dei moduli. Penso alla trovata di Sodinha playmaker, sicuramente interessante. Quaresmini è concreto, utilizza la rosa e i calciatori in funzione delle situazioni e degli obiettivi, nella singola partita come in una programmazione più ampia. Era la critica che muovevo ad Espinal, che al contrario era troppo ancorato alla sua idea di calcio e per portarla avanti finiva per correre rischi evitabili, snaturando i giocatori e raccogliendo meno sul campo”.
I pregi degli arancioni sono innumerevoli. Una vera corazzata. Il pres, tuttavia, prova ad alzare ulteriormente l’asticella. “Vedo una squadra forte, con grande solidità difensiva e numerose soluzioni dal centrocampo in su. Ad oggi, se devo guardare il pelo nell’uovo, mi sento di chiedere qualcosa di più in fase realizzativa. Da Okyere, ad esempio, mi aspetto più gol. Vorrei rivedere il bomber di Prevalle. Spero che possa cambiare marcia. Forse col senno di poi un numero nove potente e abile nel gioco aereo come Enock Barwuah ci avrebbe fatto ancora comodo. Innesti a gennaio? Vedremo, non possiamo certamente lamentarci di questa squadra”.
Una squadra che può scrivere la storia in un momento unico. “Questa è una stagione significativa per noi, perché coincide con il centenario del club. A tal proposito stiamo organizzando una serie di iniziative ed eventi per celebrare questo anniversario come merita. Illustreremo il tutto nei prossimi giorni. Ovviamente vogliamo regalarci e regalare al paese la Serie D, solo a quel punto ci focalizzeremo su ulteriori orizzonti, che riguarderanno anche un ulteriore sviluppo del settore giovanile. Vaglieremo tutto nel modo giusto, perché se da un lato è vero che siamo già stati nei professionisti dall’altro è altrettanto vero che la società e il calcio sono cambiati enormemente in questi decenni. Una volta la domenica c’erano la chiesa, la piazza e lo stadio. Oggi centri commerciali e social network hanno cambiato tutto e le tribune sono sempre più vuote, perfino in Serie A. Credo che il mondo del calcio debba interrogarsi su questi aspetti, a tutti i livelli, e agire di conseguenza. Questo non significa rinunciare a sognare”.
Bruno Forza