Nel settembre 2023 il British Medical Journal pubblicò uno studio mirato a mettere a confronto un centinaio di ricerche e pubblicazioni mirate sugli effetti della cannabis. L’esito fece scalpore. Emerse che la sostanza interferisce con la maturazione cerebrale, modifica comportamenti e capacità decisionali, causa deficit di memoria e di concentrazione, arrivando ad abbassare il quoziente intellettivo fino a 8 punti. Come se non bastasse altera la percezione della realtà e del pericolo, persino il coordinamento psicomotorio. Non solo: innesca danni permanenti sulla salute mentale aumentando il rischio di depressione, attacchi di panico e schizofrenia.
Nel dibattito che ne seguì spiccò la voce di Marco Solmi, psichiatra italiano che insegna all’Università di Ottawa, coordinatore del gruppo di lavoro. “Oggi si tende a considerare la cannabis una sostanza innocua – disse –, ma è totalmente falso. Qui in Canada si può acquistare liberamente, ma al centro per psicosi dove operiamo accogliamo sempre più ragazzi segnati dalle conseguenze di un consumo incontrollato, che non ha nulla di innocuo”.
In occasione della quarta puntata di “Vietato Perdere”, la rubrica realizzata da CalcioBresciano in collaborazione con il Servizio Dipendenze degli Spedali Civili di Brescia, abbiamo approfondito questo argomento a dir poco spinoso con la dottoressa Daniela Zardini.
“Quello dei cannabinoidi – ci racconta – è un mondo vasto e variegato, che è in costante espansione anche nell’ambito delle varianti sintetiche, quelle prodotte in laboratorio. Spesso il consumatore assume inconsapevolmente questa tipologia di sostanze, intrise di additivi che possono avere effetti molto dannosi sull’organismo. Esistono cannabinoidi che vengono comodamente acquistati online e sfuggono ai controlli perché che non si fa in tempo ad aggiornare la lista delle sostanze illecite per proibirli. Un problema serio, il principale per la salute, perché questa tipologia è ancora più potente e genera un tasso di dipendenza considerevole, che può causare danni fisici e psicologici notevoli”.
Una matrice comune a tutti i cannabinoidi riguarda l’influsso del thc, il tetraidrocannabinolo, uno dei maggiori e più noti principi attivi: “La scienza ci dice che un cervello sotto l’effetto di thc subisce dei cambiamenti evidenziabili con indagini strumentali, soprattutto quando l’utilizzo della sostanza è cronico. I cannabinoidi arrivano a modificare la struttura della corteccia cerebrale rallentando notevolmente la risposta decisionale e le funzioni esecutive. Anche l’aspetto delle relazioni affettive ne è condizionato e può diventare più complicato reprimere impulsi negativi. Ci sono effetti anche sul cervelletto, che si occupa della coordinazione motoria”.
Non bisogna dimenticare anche i forti rischi relativi alla salute delle vie respiratorie. Ne abbiamo parlato nell’approfondimento dedicato alle sigarette. “La combustione avviene anche qui, facendo inalare al consumatore sostanze cancerogene. Le canne, peraltro, si consumano senza filtri idonei. Abbiamo pazienti che arrivano a fumarne 20-30 al giorno. Spesso pensano di conoscerne la provenienza, ma capita che ci siano miscugli con altre sostanze, talvolta perfino oppiacei. Recentemente ci è stata segnalata perfino la presenza di Fentanyl, un potente oppioide, all’interno di dosi di hashish”.
La cannabis crea livelli di dipendenza in costante crescita: “Come tutte le altre droghe stimola il rilascio di dopamina nella corteccia pre-frontale. Quando la assumi percepisci una sensazione benefica e di rilassamento, ma che instaura un meccanismo secondo il quale, quando la dopamina si abbassa, emerge necessità di utilizzare nuovamente la sostanza. Diversamente sopraggiungono irritabilità e tutto ciò che concerne i contorni di vere e proprie crisi d’astinenza. Il livello di thc è alto. Varianti naturali? Utopia. Le piante naturali hanno un quantitativo superiore all’erba di una volta perché c’è stata anche una selezione genetica portata avanti negli anni per ragioni commerciali. Oggi arriviamo ad un 29-30% di thc. Negli anni Settanta la percentuale era intorno al 1%”.
I luoghi comuni sull’utilizzo della cannabis non mancano. “Chi sostiene che faccia dormire meglio si sbaglia. Il riposo sotto il suo effetto risulta non efficace rispetto ad un sonno normale, quello regolato dai neuro-trasmettitori. Ti addormenti, è innegabile, ma non riposi in modo sano e al risveglio sei ancora stanco. Attenzione anche alla sindrome amotivazionale. C’è una bella differenza tra rilassamento e assenza di spinta volitiva. I cannabinoidi conducono a ridurre al minimo le interazioni, sia quelle positive sia quelle negative. Una tendenza che può influenzare, alla lunga, gli aspetti psicosociali: lavoro, scuola, sport, attività ludiche, relazioni con amici e parenti. Si arriva a preferire quel temporaneo effetto benefico agli altri piaceri della vita quotidiana”.
Passioni e hobby, ma anche il lavoro e le responsabilità, possono finire in secondo piano. Situazioni che stanno colpendo in modo preoccupante la popolazione giovanile. “La relazione del Parlamento ci dice che 500mila giovani hanno utilizzato cannabinoidi nell’ultimo anno. Chi si rivolge a noi lo fa, nella maggior parte dei casi, su imposizione dei tribunali. È in crescita, comunque, il numero di persone che vengono al Sert su base volontaria. Nella maggior parte dei casi si tratta di giovani sollecitati dai genitori”.
Un quadro preoccupante, eppure l’etichetta di “droga leggera” sembra resistere nell’opinione pubblica, dove spesso si tende a minimizzare il problema. “Ho studiato in ambito psichiatrico ed ho potuto constatare gli effetti delle cosiddette droghe leggere. La gente deve sapere che sono molto pericolose, anche perché parecchio diffuse, facilmente reperibili e utilizzate con leggerezza. Sono un importante fattore di rischio per sindromi psicotiche o disturbi bipolari, spesso agevolati nelle loro manifestazioni dall’abuso di cannabis. Definire leggera una sostanza che oggi presenta contenuti di thc così alti è a dir poco discutibile. Molti pazienti oggi fanno più fatica a staccarsi dalla cannabis che dalla cocaina. C’è poco da scherzare”.
Il dibattito politico resta aperto. Molti partiti restano in prima linea sul fronte della legalizzazione. “Penso e spero che certe tesi siano sostenute semplicemente nell’ottica di controllare le vendite, gestirne il business e combattere lo spaccio. Su tali argomenti non mi esprimo, ma posso dire che la legalizzazione della cannabis comporterebbe da un lato un controllo delle vendite, dell’utilizzo e della qualità della sostanza, oltre a combatterne lo spaccio, ma dall’altro implicherebbe inevitabilmente degli effetti, anche negativi, sulla salute dei consumatori”.
L’allarme risuona alto tra i giovanissimi. “La maggior parte dei ragazzi e delle ragazze iniziano perché hanno accanto amici che lo stanno facendo. Spesso la sostanza conduce a fare gruppo, diventa leva sociale. Ben presto, però, si rendono conto di avere meno voglia di fare qualsiasi cosa, di fare più fatica in ogni attività. Lo spieghiamo ai giovani negli incontri che organizziamo: diciamo loro che occorre imparare a stare con l’altro in un modo diverso. Lo sport ci aiuta molto in questa missione. I genitori si spaventano, anche perché si tratta di situazioni delicate, complesse da gestire. Chi vuole essere d’aiuto deve sempre cercare di far sentire a suo agio l’abusatore, supportandolo e spronandolo a farsi aiutare. Il Sert non deve essere visto con accezione negativa. Siamo semplicemente un appoggio utile a trovare soluzioni, un servizio per parlare di un problema, confrontarsi e trovare soluzioni. I giovani devono sviluppare interessi sani e costruire relazioni. È fondamentale”.
La scuola può e deve fare di più: “So che vengono organizzati degli interventi di prevenzione tramite Ats, ma ritengo siano abbastanza tardivi. Occorre iniziare già alle medie perché queste sostanze iniziano ad essere utilizzate intorno ai 13 anni, talvolta anche prima.
Anche i media, il mondo della cultura e della musica, in molti casi, tendono a non prendere sul serio la questione. “Fumare erba nell’immaginario collettivo risulta spesso una trasgressione tollerata, è “cool”, qualcosa di alternativo, perfino da ammirare. Va modificato questo paradigma, diffondendo una nuova consapevolezza nelle generazioni future”.
Bruno Forza
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