Dal Corriere della Sera-Brescia
C’è un fondo americano che sta provando ad acquistare il Brescia, con il sostegno di alcuni imprenditori locali che stanno facendo da ponte e rimarrebbero come soci di minoranza se l’operazione andasse e a buon fine. L’indiscrezione filtrata una settimana fa, su queste colonne e non solo, resta confermata: si va avanti pur nella riservatezza della trattativa che peraltro potrà davvero decollare se il Brescia resterà in Serie B. L’interesse del gruppo rimarrebbe anche in caso di retrocessione, a cambiare sarebbe il prezzo. E non poco. Con svantaggi per tutti: gli acquirenti dovrebbero risollevare il club da una palude sportiva, Massimo Cellino vedrebbe svalutato il «pacchetto» che include anche il centro sportivo. C’è però un frontman , emerso in questi mesi come possibile uomo decisivo per la trattativa, a capo di un altro fondo, che al Corriere ha fatto sapere direttamente di non far più parte della partita. Si chiama Doniéber Alexander Marangon, ma in Italia è conosciuto solo come «Doni», il soprannome che lo ha accompagnato nel corso di una carriera da professionista nel calcio come portiere. Sei stagioni alla Roma, dal 2005 al 2011, lo hanno lanciato in orbita: nel 2007 vinse da titolare la Coppa America con il Brasile, poi nel 2013 il ritiro a 34 anni a causa di un’aritmia. Doni non si è perso d’animo: è diventato imprenditore immobiliare – seguendo le orme di suo suocero – a Miami, dove anche il presidente del Brescia è di casa. Ha creato la WD Invest con il socio Werner Macedo e, sempre negli Stati Uniti, ha lanciato i suoi fondi di investimento. Uno di questi era finalizzato al calcio.
Contattato dal Corriere , ha scelto di spiegare tramite un colloquio via mail – sebbene il suo italiano sia rimasto eccellente – quale sia stata la genesi, e la fine, del suo tentativo di scalata al Brescia Calcio. «L’anno scorso – questo il suo esordio – ho fondato una società con un fondo di Miami, il nostro progetto era l’acquisto di un club in tre paesi: Portogallo, Italia e Inghilterra. Io ero l’unico referente che avesse conoscenze italiane, pertanto l’esplorazione è stata affidata a me e mi sono avvalso di un avvocato che mi ha dato supporto. In Italia ho avuto conversazioni con tre club (non svela gli altri due, ndr ) e abbiamo fatto progressi nell’acquisto del Brescia Calcio. Avevamo deciso di procedere, la trattativa era stata avviata». L’intoppo è arrivato verso la fine di novembre: «Cos’è successo? Durante una riunione tra soci – racconta ancora Doni al Corriere – non siamo stati d’accordo sul futuro della gestione del fondo, quindi abbiamo deciso di comune accordo di non continuare la società. I miei soci erano tutti americani, o brasiliani residenti in America: senza di me, il gruppo non aveva più interesse nell’acquistare un club in Italia. A fine novembre, così, la trattativa è saltata». Lui non è più stato chiamato in causa. Ma perché il fondo americano aveva deciso di investire a Brescia? «Ritenevamo fosse un club – dice Doni – che avesse tutte le condizioni per essere tra le grandi d’Italia. Anzi, auguro ai tifosi molta fortuna affinché possano raggiungere la Serie A». Il problema vero è che, ora, a tutti basterebbe evitare la Serie C.