«Sto iniziando a realizzare. Due anni fa ero nei dilettanti, impensabile. Ma intanto devo pensare anche al mio dottorato».Dottorato?
«Sono al terzo anno di un dottorato sulla transizione energetica all’interno del dipartimento di ingegneria. Mi è stato proposto al termine di una borsa di studio. Ero in Serie D a Desenzano, chi avrebbe immaginato tutto quello che poi è successo?»
Qual è stato il suo percorso di studi?
«Alle superiori ho scelto il Liceo Scientifico, una volta all’università mi sono iscritto a ingegneria gestionale. Quindi la laurea in tre anni, poi la magistrale in «Modellistica e ottimizzazione». In quegli anni ho conosciuto la mia professoressa, Mariasole Bannò, con cui poi ho fatto la tesi e che è diventata la mia tutor. È stata fondamentale».
La tesi di cosa trattava?
«Al centro del lavoro c’era uno studio di LCC (Life Cycle Costing) su un impianto di depurazione dei fanghi. Terminata la laurea magistrale, non avevo ancora finito il progetto della tesi. La professoressa mi ha quindi proposto di prendere una borsa di studio di sei mesi per terminarlo.
Accettai. Capii che forse rimanendo in ambito universitario sarebbe stato possibile far convivere la sfera del calcio e quella dello studio».
Ora è all’ultimo anno del dottorato. Come sta andando?
«Mi sono trasferito qui in Liguria. Vivo con la mia ragazza, anche lei sta facendo un dottorato in ingegneria gestionale. Abbiamo adibito una stanza a zona studio. Due postazioni, due computer e passiamo lì le ore».
Meglio finire un dottorato o vincere la Serie C?
«Meglio fare entrambi. Anche se il dottorato devo ancora finirlo, aspetto a parlare».
Chissà quante battute dei suoi compagni in questi anni per la sua carriera accademica.
«Più di una volta. A Desenzano spesso arrivavo agli allenamenti direttamente dalle lezioni. Giacca e camicia, vi lascio immaginare. “È arrivato il professore”. Scherzi a parte, ho sempre visto molta curiosità nei miei compagni per il mio percorso».
In effetti, il suo è un cammino particolare per essere un calciatore.
«In Italia non siamo abituati a pensare a queste possibilità. Non ci sono percorsi che facciano coesistere sport e studio. Ma non è così difficile. La mia storia è un esempio».
Lo studio le è servito nello sport?
«Sì. Mi ha aiutato a reggere i livelli più alti. In quel contesto fatto di competitività lo studio è come se mi avesse tolto pressioni. Coltivare un percorso parallelo che dipendeva unicamente da me garantiva serenità e fiducia».
Con il calcio, invece, com’è andata?
«Dopo le giovanili nel Brescia e una stagione alla FeralpiSalò, l’ultimo anno delle superiori sono andato in D al Ciliverghe. Un anno frustrante».
Come mai?
«Feci 3 presenze su 38. Non ero considerato. Ed era la cosa peggiore. C’erano partite in cui mi scaldavo 30’ senza entrare. In altre proprio non mi scaldavo. Fermo in panchina. Chiedevo di andare con la juniores pur di giocare. Ero triste. Era come se qualcuno si stesse prendendo il mio sogno, impedendomi di raggiungerlo».
Come ha reagito?
«Sapevo di poterci stare in quella categoria. Dovevo solo crescere dal punto di vista fisico. Ho iniziato a lavorare su me stesso per colmare e migliorare le lacune. Volevo tornare in Serie D, poi un mio amico mi ha portato in Eccellenza a Castegnato a fare un provino. Lì ho trovato un ds e un allenatore che stravedevano per me».
A 26 anni ecco la Giana.
«La chiamata che aspettavo da una vita. Ma non ho accettato subito»
Come no?
«Prima mi sono confrontato con la mia professoressa chiedendole se per lei i due impegni si potessero conciliare, quindi ho accettato. Non sarebbe stato facile, ma era un sogno che coltivavo da 10 anni. Dovevo provarci»
E la scorsa estate è arrivata l’Entella.
«Mi avevano chiamato già a gennaio ma ho rifiutato avendo già preso impegni per il secondo semestre accademico. Non avrei mai mollato qualcosa a metà. Hanno apprezzato la motivazione e ci siamo accordati per la stagione seguente».
Quest’anno la promozione. Ha segnato 10 gol al debutto tra i professionisti.
«È stato un anno assurdo. Non eravamo i favoriti ma già dal ritiro si è creata una alchimia particolare. Abbiamo perso una partita su 38, incredibile. Ho segnato tanto, ma sono stato anche fortunato».
Nel suo futuro cosa vede?
«Voglio portare a termine il dottorato. Non so cosa succederà. Quando ho firmato per la Giana dissi alla mia ragazza che speravo di riuscire a fare almeno una partita entro la fine dell’anno. Due anni dopo mi ritrovo in Serie B».
Se ritorna ai tempi in cui faceva tre presenze in D cosa pensa?
«Penso che se le cose non vanno come vuoi non bisogna accettarle. Se non ti piace quello che sembra essere il destino in quel momento fai il possibile per cambiarlo».
Un calciatore che fa un dottorato non si sente un po’ strano?
«Mi sento normalissimo. So che non è la normalità, ma potrebbe esserlo per tanti. Io la vivo così, con semplicità».