da Bresciaoggi
Massimo Cellino è più che attivo che mai dal suo letto nell’ospedale di Cagliari, dove è ricoverato dopo un intervento chirurgico alla spina dorsale. E, dopo aver chiesto l’iscrizione alla Serie C, dalla sua stanza manda messaggi. Stavolta si è confidato con un amico bresciano, che sta trascorrendo le vacanze nella costa sud della Sardegna. Cellino è amareggiato (mai quanto il popolo bresciano, comunque, dopo quel che è successo), deluso sia per la sentenza di primo grado che non ha creduto alla sua buona fede sulla vicenda dei crediti d’imposta risultati inesistenti («Io sono il truffato, non il truffatore», ribadisce in continuazione) ma anche da chi sta lavorando da settimane per garantire alla città di avere ancora il calcio nei professionisti. Cellino ha liquidato l’argomento-domanda di iscrizione come «solo un pro-forma», che però ha favorito il Ravenna di Ariedo Braida, che verrà ripescato in C, e sfavorito il Caldiero che non sarà riammesso tra i professionisti. Di confidenza in confidenza, è arrivato per la prima volta a parlare di Giuseppe Pasini: «Sono molto deluso dal fatto che non abbia sentito il bisogno nemmeno di farmi una telefonata – ha detto il presidente -. Poteva farmi un’offerta, anche minima, dopotutto il Brescia l’ho tenuto in piedi da solo per 8 anni tra mille difficoltà, tra Covid e contenziosi vari, soprattutto con il Comune». Da qui la richiesta: «Io spero che Pasini mi chiami al più presto, lo aspetto. Vorrei vedere se si potrà fare un accordo con lui sullo stadio, lasciandogli anche tutto ciò che mi appartiene: i seggiolini, i pitch-box, ciò che ho realizzato io, a mie spese. Altrimenti porto via tutto», il suo avvertimento.
E sul Comune ricorda le cause che gli sono state intestate per il pagamento dell’Imu del servizio di vigilanza della Polizia locale, ma si sa che in questi anni Cellino a Brescia ha vinto in Tribunale molto più che sul campo con la squadra, visti i risultati. A chi gli ha parlato negli ultimi giorni, il presidente è sembrato mosso quasi esclusivamente da spirito di rivalsa, dalla rabbia per come è finita (grazie alle sue scelte) e non da un reale interesse a proseguire la battaglia. Ma l’uomo, si sa, è imprevedibile. Nessuno si aspettava che chiedesse l’iscrizione della squadra in Serie C, nonostante la mancanza della documentazione sui pagamenti degli stipendi dei giocatori che andavano effettuati entro il termine perentorio del 6 giugno e questo ha tolto ogni speranza di restare nel calcio che conta. E dunque, ci si può aspettare qualsiasi mossa, anche se ormai il suo Brescia da giovedì 3 luglio, giorno della riunione del Consiglio Federale, non esisterà più dopo qualcosa come 114 annidi storia. E questa è una responsabilità che Cellino porterà con sè per sempre, in modo indelebile.