Dal Corriere della sera-Brescia
L’entusiasmo c’è sempre stato. Dal primo giorno. Ma permanevano anche i dubbi, di molti. Gli stessi di ogni anno: il Brescia merita l’abbonamento? Il punto di domanda ora si può togliere. Lo dicono i numeri, che nel calcio giocato non sempre sono decisivi (però spesso raccontano la verità) ma non possono mentire al botteghino. Negli ultimi giorni, l’Union Brescia ha battuto un nuovo record. Il 5-0 alla Pro Vercelli ha aiutato, non è stato però un fattore decisivo. La quota delle tessere stagionali, già alta sin dalle prime giornate, si è ora issata a quota 5571. Il bresciano medio spesso preferisce decidere all’ultimo se recarsi o meno al Rigamonti, ma la politica dei prezzi lanciata dalla società sembra aver fatto centro. Con essa, il progetto tecnico e societario che pare aver convinto anche i più refrattari a a Mompiano, in ogni categoria.
Proprio alla serie d’appartenenza è però connesso il risultato più significativo che gli abbonamenti 2025-26 (peraltro ancora aperti) hanno già realizzato. Analizzando gli ultimi trent’anni di calcio italiano, secondo i dati di Stadia Postcards, a Brescia in Serie B si era arrivati al massimo a 5464 abbonati nella stagione 2015-16, che con l’attuale ha un solo tratto in comune: anche all’epoca, come oggi, c’era stato un cambio di proprietà. Quella società, con Marco Bonometti proprietario e con Rinaldo Sagramola plenipotenziario, era riuscita a garantire il ripescaggio estivo in Serie B alle rondinelle, retrocesse sul campo anche a causa della burrascosa fine dell’era Corioni: Gino, già malato, sarebbe poi volato in cielo pochi mesi dopo, l’8 marzo del 2016. Fu prospettato un campionato povero, con l’unico obiettivo della salvezza, raggiunta con largo anticipo da una squadra che Roberto Boscaglia seppe esaltare, stazionando a lungo a in zona play off. Il passaggio tra Bonometti e Cellino avvenne poi nell’agosto 2017: in quella stagione si rimase sopra le cinque mila tessere, ma ci fu un calo repentino (4195 il dato totale) nella stagione che poi portò alla Serie A dopo un mercato estivo imponente.
L’effetto Pasini c’è, si sente. La città e la provincia hanno deciso di riporre piena fiducia in un presidente di nuovo bresciano, che promette un campionato di vertice come da queste parti non si vede dal 2021-22 (era Serie B. E le tessere furono circa la metà…). Nella speranza, a lungo termine, di tornare in Serie A. E l’altro riscontro clamoroso riguarda le stagioni nel gotha del calcio italiano, che nei trent’anni in questione sono state otto. Anche a causa delle scelte di Gino Corioni, che ha sempre puntato più sulla presenza alla singola partita che alla fidelizzazione stagionale, i numeri di alcune stagioni in A sono tuttavia inferiori a quelli attuali. L’era Baggio, un quadriennio, è stazionata sempre sopra le ottomila unità ma senza mai toccare le diecimila. Nelle altre tre esperienze in massima serie, si è rimasti al di sotto dei numeri del Brescia di Pasini. Mentre Cellino, nell’unica Serie A disputata, ebbe ottime risposte dal pubblico con 10500 abbonati. Sembrava il timoniere della rinascita, fu solo l’uomo della grande illusione.