Il calcio bresciano ha perso una delle sue figure storiche, uno di quei personaggi capaci di lasciare un segno lontano dai riflettori, all’insegna della passione autentica, scevra da ogni forma di ego personale. Si è spento Carlo Bonesi, 81enne che ha dedicato gran parte della sua vita al pallone, con un occhio di riguardo per quel mondo giovanile che tanto amava.
Allenatore, dirigente, coordinatore, dotato di una dedizione viscerale soprattutto per i più piccoli, per la semina di educazione sportiva e competenze nell’attività di base. Per lui una vita alla Pavoniana, che sui suoi canali social lo definisce una “colonna storica”. Il presidente Cervati, contattato dalla nostra redazione, lo ricorda così: “Una persona dotata di conoscenza e passione autentiche. Per noi è stato prezioso per decenni, soprattutto per l’attività svolta nella scuola calcio, sia in città sia nel tradizionale ritiro estivo di Borno. Figure del genere sono uniche, rare, direi in via di estinzione. Oggi vedo tanta ambizione, anche da parte di chi opera nei vivai. Si pensa soprattutto alla propria carriera. Carlo, invece, era focalizzato sulla crescita di bambini e ragazzi. Sul dare attraverso il calcio, non sul ricevere”.
Bonesi è stato una figura preziosa anche in casa Gussago: “Persona di rara delicatezza e sensibilità, non aveva bisogno di tante parole: sapeva osservare, cogliere ogni dettaglio, leggere il calcio con una competenza e una passione che trasmetteva a chi aveva la fortuna di lavorare al suo fianco. Il suo contributo è stato determinante nella crescita di tanti ragazzi, che grazie a lui sono diventati ‘giocatori’. Ha lasciato un’eredità fatta di valori, dedizione e amore per questo sport”.
In queste ore non mancano manifestazioni d’affetto di ex calciatori, ormai adulti, che lo ricordano con riconoscenza, ma anche di allenatori che hanno trovato in lui una guida da seguire, un riferimento. Un volto che resterà nella storia del nostro pallone, insomma, come quella bicicletta sulla quale Bonesi girava per i campi della città. Ricordava ancora oggi tutti i suoi ragazzi, e se li vedeva in giro li fermava per salutarli. Li riconosceva immediatamente, anche se avevano preso altre strade da dieci o vent’anni. Nei ricordi di ognuno di loro ci sarà uno spazio per Carlo.
Bruno Forza
