Tfc, dal laboratorio sotto casa a quarant'anni di storia. Carini: "Coraggio e inventiva parole chiave"

Quindici anni da operaio dipendente. Sacrifici, impegno quotidiano e uno stipendio che spesso rendeva difficile arrivare alla fine del mese. Due parole con il fratello e un sogno, quello di mettersi in proprio. Le prime sperimentazioni avvengono sotto casa, con un tornio e due macchine utili per arrotondare e dare forma a possibili scenari futuri. Inizia così la storia di Tfc di Carini e Trappa, azienda di lavorazioni a disegno su macchine transfer che nel 2022 ha festeggiato quarant’anni di storia.

“Capimmo che la svolta era possibile – racconta Luciano Carini -, quindi nel 1987 mi licenziai e ci spostammo in un vero e proprio capannone a Marcheno, ingaggiando dei dipendenti e diventando un’industria a tutti gli effetti. La crescita è stata graduale ma continua, con i miei figli Alberto e Stefano che sono subentrati al posto di mio fratello, quindi resta la dimensione famigliare. Lavoriamo per conto terzi, senza l’ausilio dei robot ma con un parco macchine composto da 15 transfer. Crediamo nel valore della manualità e siamo orgogliosi di far parte di una nicchia alla quale grandi aziende si rivolgono per fare quei lavori e produrre quei pezzi che i robot non riescono a realizzare. Lavoriamo componenti fino ad un massimo di 4 pollici, con lotti che vanno dai 50 ai 100mila pezzi. Ottone, alluminio, acciaio, rame, bronzo, un po’ di tutto. Siamo certificati ISO9001:2015″.

Tfc opera soprattutto su scala provinciale, forte delle richieste provenienti dalle numerose imprese del territorio, leader assolute del settore, ma il nome dell’azienda valtrumplina è noto anche in ambito regionale e nazionale. “La nostra squadra è composta da 40 persone. Lavoriamo su tre turni fino al sabato mattina compreso. Avere i figli al proprio fianco implica situazioni particolari. Bisogna essere bravi a trovare le giuste alchimie e a rispettare determinate linee guida. Abbiamo un accordo per preservare l’armonia: quando si riceve un’osservazione non si deve replicare, anche se c’è divergenza di opinioni. Se è necessario si tornerà sull’argomento il giorno dopo, a mente fredda, nelle condizioni ideali per chiarirsi con calma e in modo costruttivo”.

Dopo cinquant’anni di onorata carriera Luciano Carini è ormai in pensione, ma per lui è impossibile lasciare il suo posto: “Il lavoro non mi ha mai fatto paura. Attualmente faccio il turno dalle 6 alle 19 e non ho intenzione di fermarmi. Rispetto ai miei tempi le cose sono cambiate molto. Oggi è fondamentale avere un titolo di studio, poi se vuoi fare impresa occorre coraggio. Lasciare il posto fisso per un percorso imprenditoriale è rischioso, ma lo rifarei, anche se i momenti difficili non sono mancati. Durante la crisi del 2008 avevamo 22 persone in cassa integrazione e noi titolari eravamo qui a lavorare. Non è stato facile”. 

Per Carini il segreto del successo “risiede nell’inventiva. Occorre avere cervello e pensare con la propria testa, anche perché in giro c’è un sacco di gente che vuole farti spendere e che spesso ti dà consigli in modo superficiale. Ho sempre cercato di ragionare senza farmi condizionare, basandomi su fatti concreti e cercando di essere un artista. Sì, anche nell’industria è possibile dimostrare di avere talento e chi ci riesce verrà sempre premiato. La scuola purtroppo non prepara i ragazzi al mondo del lavoro. Occorre un cambio di passo, un nuovo modo di pensare. Nella meccanica e nella produzione occorrono vedute più ampie. Da un pezzo di ferro puoi creare un attrezzo utile all’industria e al mercato, capace di far svoltare la tua impresa. Bisogna riuscire ad andare oltre i soliti schemi”. 

Un po’ come nel calcio, passione di famiglia. “Da ragazzo giocavo e mio figlio Alberto ha seguito le mie orme anche in chiave sportiva. Quando militava nel Valtrompia ero sponsor dei viola, dei quali sono stato anche vicepresidente. Successivamente ho fondato la Old School, società di calcio a 7 che coinvolgeva parecchi ex Valtrompia. Arrivati a fine ciclo ci siamo fermati. C’era un derby in famiglia con Alberto, che ancora oggi è presidente e giocatore della Queen, tra le squadre di maggior rilievo del panorama Csi”.

Tfc è sponsor del Ponte Zanano, club di Seconda Categoria: “C’è un legame di parentela con i Guerini, cugini di parte materna. Oltre a questo aspetto ci piace il loro progetto. Riescono ad essere protagonisti con umiltà, con la politica dei piccoli passi. Mente altri fanno fuochi d’artificio che durano poco, loro vanno avanti e scrivono la storia promuovendo un modello di calcio dilettantistico sano su due fronti: Figc e Csi”.

La metafora sportiva è ricorrente anche nella visione di Alberto, che racconta così i punti chiave degli insegnamenti ereditati dal padre in ambito lavorativo. “L’aspetto più importante è l’esempio. È fondamentale. Papà ci ha insegnato l’importanza di essere presenti, vicini ai dipendenti, pronti a risolvere i problemi. Serietà, puntualità e rispetto delle persone sono valori ai quali non è possibile rinunciare. Abbiamo sempre trattato chiunque abbia lavorato qui come un famigliare, dando anche la possibilità di sbagliare, perché è giusto che sia così. La metafora calcistica, poi, fa parte di noi. Un’azienda è come una squadra, dove se ci sono i problemi si risolvono, dove si fa gruppo. Anche qui ci sono i fuoriclasse e i gregari. Servono entrambi. Noi siamo mediatori più che capi”.

Lo sguardo si proietta al futuro. “Papà è stato colui che ha reso possibili i primi quarant’anni di storia. Noi vogliamo garantire lunga vita a Tfc un passo alla volta. L’idea di ingrandirsi c’è, ma occorre un po’ di pazienza. La prospettiva è quella di ampliare parco macchine e aumentare le dimensioni del capannone. Chiaramente occorrono coperture economiche ma  anche continuità progettuale e nel flusso di lavoro. Siamo fiduciosi”.

Sulle priorità da presentare alla politica padre e figlio sono perfettamente sintonizzati: “Innanzitutto occorre tenere sotto controllo il costo dell’energia, che grava tantissimo sulla produzione. Le aziende vanno sostenute in quest’ottica. È importante che gli imprenditori vengano ascoltati, che la politica si confronti con loro. Il problema è che troppo spesso sulle poltrone che contano ci arrivano persone che non hanno conosciuto la realtà del mondo del lavoro. Certi provvedimenti, poi, vengono spesso costruiti su misura per le grandi imprese e le ditte medio-piccole devono adattarsi a fatica”.

Bruno Forza

LA SCHEDA
Azienda – Tfc di Carini e Trappa
Indirizzo – via Zanardelli 163, 25060 Marcheno (Brescia)
Telefono – 030.8960431
Società sponsorizzata – Ponte Zanano

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