In Valtenesi è nata la Brixia, prima società di powerchair football rivolta ai bambini

“Il 18 febbraio è nato Roberto Baggio. Il 18 febbraio 2023 è nata Brixia Valtenesi. Non ha paura di scomodare paragoni ingombranti, lo staff della neonata società. E fa bene. Il progetto messo in piedi in poco tempo ma con grande serietà può essere rivoluzionario come una giocata del Divin Codino. Lo si conosce da poco meno di un mese, ma l’impatto sulla realtà può metterlo al centro di un discorso nazionale di crescita ed inclusione.

Sabato 18 e domenica 19 febbraio il palazzetto dello sport di Puegnago ha ospitato il primo evento di Brixia Valtenesi, una due giorni all’insegna dello sport, per presentarsi alla comunità bresciana e far conoscere il senso dell’organizzazione. Brixia è il nome della prima squadra bresciana di powerchair football, ovvero di calcio su carrozzina elettrica. Non solo. Brixia si rivolge principalmente ai più piccoli e va ad occupare un vuoto enorme, diventando la prima squadra in Italia di carattere volutamente giovanile, pronta ad accogliere bambini e ragazzi dai 5 ai 16 anni.

“Un filo unico che porta nel cuore l’obiettivo di stare insieme e fare calcio con impegno”, scrivono sui propri social, aperti da pochissime settimane. In quel weekend, sul parquet del palazzetto, c’è stata l’occasione di vedere due selezioni di Serie A di powerchair football scontrarsi; si è improvvisata una partita di esibizione tra i ragazzi e le ragazze presenti, della squadra e non; si è creato un momento di condivisione con i genitori, che hanno potuto applaudire i propri figli mentre vedevano formarsi in loro una nuova consapevolezza.

L’architetto del progetto è un dirigente dell’Asd Valtenesi, Davide Franchi. Una persona curiosa e con voglia di fare, che ci ha messo davvero poco tempo per captare l’opportunità, comprenderne il valore e cominciare a rimboccarsi le maniche. “Brixia Valtenesi è la terza squadra in Lombardia che si affaccia a questo sport. In Italia a livello competitivo ci sono solo 12 squadre. Si gioca con carrozzine speciali, dal costo non indifferente. Non è facile arrivare a giocarci. Il nostro scopo è di divertire e coinvolgere bambini e ragazzi, atleti bresciani e non. L’amichevole disputata durante l’evento di febbraio serviva per fare vedere dove possiamo arrivare. Tra chi ha risposto alla nostra iniziativa ci sono stati anche tanti stranieri, provenienti dal centro specializzato del Policlinico di Milano. Tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione con Sapre, nello specifico con Chiara Mastella. Senza di lei non saremmo mai partiti”.

Il powerchair football porta in campo giocatori speciali, persone affette da Sma, l’atrofia spinale muscolare. Tra le squadre “senior” ci sono atleti adulti, ma anche ragazzini, di entrambi i sessi. Giocano sullo stesso campo, perché spartiscono le stesse qualità. Le porte sono delimitate da aste o birilli, il pallone è sovradimensionato perché lo si possa condurre o colpire con la parte anteriore della carrozzina, appositamente dotata di un supporto rigido. Dinamiche tutt’altro che semplici per uno sport basato molto sulla tecnica e sulla tattica. Come spiega Andrea Vacchetti, arbitro bolognese tra i protagonisti del fine settimana gardesano.

“Sono un arbitro della Fipps, Federazione Paralimpica Powerchair Sport. L’attività della Federazione si divide tra due discipline, hockey e calcio, entrambe indoor. Al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare, è l’hockey lo sport storico. Si gioca da più di 20 anni, mentre qui il calcio si è appena affacciato, circa 2-3 anni fa. In Italia esistono più di 30 squadre agonistiche di hockey, divise tra Serie A1 e Serie A2, mentre nel calcio ce n’è solo una dozzina”.

Il fischietto emiliano entra poi nello specifico della sua storia. “Io ero un arbitro di calcio a 11 Figc, mi piaceva molto. Nello smettere volevo comunque portare avanti quella che sentivo come una passione, ma facendo un passo in più, volevo affiancarla ad un’attività rivolta al sociale. Mi guardai attorno e notai la Federazione di hockey. Mi trovai subito a mio agio. Quando arrivò anche il calcio, me ne innamorai del tutto. La cosa bella di questo sport è la passione che ci mettono i ragazzi; io arbitro per loro, per vedere in loro la gioia di gareggiare, di essere competitivi. Da Bologna ho fatto 200 chilometri per partecipare alla manifestazione di Puegnago, e li ho fatti volentieri”.

Quello di metà febbraio è stato solo il primo di una serie di appuntamenti che Brixia Valtenesi si sta adoperando per organizzare, in giro per la provincia. Sabato 25 marzo, ad esempio, è in programma un allenamento a porte aperte, presso la palestra delle scuole elementari di Roncadelle (via Togliatti 1/B), dalle 15 alle 17. Occasione d’oro per continuare a farsi conoscere e, chissà, accogliere nuovi ragazzi in squadra.

Il motore è avviato e la macchina già si muove in autonomia. Sembra lontano anni il momento dell’accensione della miccia, l’incontro tra Davide Franchi e Chiara Mastello. Se l’uno ha messo il terreno fertile per far germogliare l’iniziativa, l’altra è stata il seme stesso dal quale tutto si è originato. “Sono la responsabile di Sapre, Settore Abilitazione Precoce Genitori, reparto pubblico interno al Policlinico di Milano, nato dalla volontà dei genitori di bambini affetti da Sma. Una malattia debilitante soprattutto a livello fisico: da una parte una forza muscolare quasi assente, dall’altra un buon livello cognitivo, la capacità di parola, di pensiero, di espressione, di volontà, di motivazione. Il grosso problema si pone al momento della diagnosi: una paralisi, oltre della malattia, del progetto di vita. Il servizio non si propone di curare i bambini, ma di aiutare i genitori a realizzare la propria qualità di vita assieme ai propri figli”.

La determinazione con cui Chiara scandisce a parole il pensiero di una vita intera suona come un inno d’amore verso dei ragazzi accolti e cresciuti come fossero figli suoi. “Nell’età dell’adolescenza l’immagine di sé nel rapporto coi nuovi impulsi e con chi sta attorno crea una seconda paralisi nella famiglia colpita da Sma, stavolta nel figlio. Avevo visto che la fisioterapia arrivava fino ad un certo punto. Per cui mi chiedevo: cosa fare per dar loro maggiore motivazione? Avevo pensato ad uno sport, ma con queste limitazioni fisiche non c’era grande scelta. Per chi è su carrozzina elettronica ci sono calcio e hockey”.

“Da qualche anno il football wheelchair è arrivato anche in Italia, come sport per adulti. Quello che non c’era era una squadra di bambini. Ho cercato fin dal mio evento ‘Mio figlio ha una 4 ruote’, che tengo ogni anno a Lignano Sabbiadoro, di proporre un’attività sportiva per i ragazzi che ho in cura al Policlinico. Non come competizione, ma come sfida di abilità nel controllo della palla. Provandoci hanno scoperto che controllare con la carrozzina un pallone dava loro una nuova motivazione ed una grande energia”.

Per trasformare l’intuizione in realtà è servito l’incontro con Davide Franchi e la Valtenesi: “La prima volta ci siamo visti a Moniga tre mesi fa, fu qualcosa di occasionale. Lui si presentò come consigliere comunale di Moniga, insegnante di sostegno ed allenatore di calcio; chiesi se aveva voglia di occuparsi dei bambini bresciani in carrozzina, provando ad allenarli per dar vita a una squadra. Non solo mi disse subito di sì, ma si è speso immediatamente per creare la giornata di Puegnago, perseguendo i miei stessi obiettivi: far giocare i bimbi, mettere in vetrina i giocatori di Serie A, coinvolgere i genitori. Mi auguro che nuove squadre possano nascere e crescere al di fuori di Brescia.

“Dialogando con lui e riportando l’idea ai genitori abbiamo ceato la squadra. Davide era un ragazzo qualsiasi, che non aveva niente a che fare con noi, ma che ha sposato la nostra causa come se fosse sua. Io continuerò ad andare in giro a promuovere eventi in altre città affinché altri genitori cerchino un Franchi nella loro città e costituiscano gruppi di bambini che possano crescere insieme”.

Trovare il proprio posto in squadra potrebbe voler significare trovare il proprio posto nel mondo: “Mi preme che i ragazzi stiano insieme. Un conto è essere amici, andare a cena fuori, passare le domeniche insieme, ovviamente accompagnati dai genitori. Un conto è avere un obiettivo tra loro bambini, qualcosa in comune, facendo attività che li soddisfano. È una ginnastica non fisioterapica ma mentale, comunque fisica, ma anche emotiva, che una seduta di fisioterapia non può dare. Non potevo mai pensare che ce l’avremmo fatta. I bambini non sono poveretti, sono persone, anche atleti. Non è una missione la nostra, voglio solo che crescano come crescono tutti i bambini che conosciamo”.

“Purtroppo – chiosa la responsabile Sapre – avere la carrozzina elettronica è una vergogna, un limite. Quando vengono da noi, già a un anno diamo la carrozzina manuale, a 2 quella elettronica. Quando ne hanno 10 ne sono padroni, ma un conto è esserne padroni a casa o per strada, un altro è esserne padroni in campo, dove c’è l’altro, dove con l’altro condividi un pallone, rispetti delle regole, rispetti l’arbitro, dove sei responsabile di te stesso davanti a un gruppo; non è un ‘io a scuola, che sono l’unico’, non è un ‘io con il mio accompagnatore’. Sei in un gruppo di tanti altri dove ognuno vale uno e insieme si fa gruppo.

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