“Ogni storia è diversa. C’è chi arriva qui in stile effetto Madonna di Lourdes, illuminato e determinato, ma anche chi si trascina a fatica facendo i conti con il desiderio, i sogni vividi che si confondono con la realtà, le allucinazioni, una componente emotiva difficile da gestire. La prima cosa da fare è spiegare ai pazienti ciò che gli succede e che uscire dalla tossicodipendenza costa fatica. È normale che ci siano degli alti e bassi”.
Parole della dottoressa Jennifer Rosa, esperta in dipendenza da cocaina del Serd degli Spedali Civili di Brescia. “All’inizio luoghi, persone ed emozioni fanno da collegamenti per il ritorno alla sostanza. Chi cerca di smettere deve fare i conti con tristezza, depressione, agitazione, irritabilità. Sensazioni che si affievoliscono nel giro di qualche giorno, talvolta grazie a supporti farmacologici limitati”.
Tra le prime azioni da mettere in atto c’è anche una ristrutturazione delle abitudini del paziente. “Occorre posizionare il soggetto in sicurezza garantendo innanzitutto supporto e confronto costanti, ma anche invitandolo, nel concreto, a cambiare numero di telefono, a non frequentare luoghi correlati all’uso della sostanza, a evitare persone dannose. Il desiderio è intenso all’inizio. Fortunatamente va poi affievolendosi, e imparando le strategie di gestione lo si affronta meglio. Bisogna creare nuove routine e attività che escludano i circuiti della dipendenza”.
Per molte persone questo significa dover ricominciare da capo. “Non è facile. È importante saper cadere in piedi. Le ricadute spingono, talvolta, a mollare tutto. Non deve accadere. La ricaduta esiste perché il cervello è abituato alla sostanza, che una volta conosciuta non si può sfidare. Se accade, va concepita come un momento di riflessione su cosa l’ha scatenata al fine di lavorarci per evitare lo stesso intoppo in futuro”.
Dopo anni di esperienza la dottoressa Rosa descrive così la cocaina: “È un anestetico fisico ed emozionale, che si mangia tutto. È un eccitante perché aumenta energia, umore ed euforia nei primi momenti. La coda, però, porta a paranoia, irritabilità, tensione, scarsa lucidità. Inoltre dà meno profondità alla sfera emotiva. Molti la usano anche per rendere il sesso più eccitante e
meno sentimentale, perché la cocaina mette distanza. Alla lunga, tuttavia, si assiste ad un
repentino calo delle prestazioni. Con il passare del tempo smetti di apprezzare qualunque cosa: lavoro, compagnia, hobby. Le relazioni diventano superficiali, viene meno il gusto per il cibo”.
I numeri, nel Bresciano, sono allarmanti. “Secondo i dati del 2023 Montichiari risulta tra le 7 città con il più alto tasso di cocaina nelle acque reflue. In provincia, inoltre, è avvenuto uno dei sequestri più grossi. A Brescia si consuma tantissima cocaina. A livello nazionale il trend è stabile negli adulti, ma è in aumento tra i giovani. Ciò che è cambiato profondamente è anche la percezione legata all’utilizzo della cocaina. Anni fa era considerata la sostanza utilizzata dall’imprenditore di successo. Ora ce l’hanno in tasca i ragazzini ed è diffusa in ogni strato sociale, a macchia d’olio. Se ne importa molta dal Nord-Europa. È zeppa di stimolanti sintetici”.
L’allarme sui giovani è preoccupante: “Di base c’è il desiderio di essere performanti. Questa sostanza è associata ad una visione del mondo molto attiva, produttiva, efficiente, brillante. In tv spopolano sketch leggerissimi sull’uso di cocaina, che sarebbe meglio evitare. Nel cinema, pensiamo Pulp Fiction, The Wolf of Wall Street o alle serie su Pablo Escobar, che veicolano un modello di tossicodipendenza da ammirare, quasi eroico, divertente. Purtroppo anche le storie di vita di star dello sport, della musica e del cinema non aiutano. C’è il rischio di pensare che la cocaina vada di pari passo con una vita di successo. In realtà si mangia via tutto: carriera, relazioni, amicizie, obiettivi, sogni”.
La dottoressa Rosa mette in guardia chi pensa di poter gestire il rapporto con la droga. “L’uso occasionale è il punto di partenza di tutti. È il via. Il cervello conosce la sostanza, inizia a settarsi sulla quantità di dopamina che dà la cocaina e a conoscerla. Lì avviene già una svolta, perché poi la va a cercare, consciamente o inconsciamente. Nei momenti brutti e nei momenti belli. Il rischio è nella fascia dai 15 ai 19 anni, dove nel 2023 il 2,2% degli intervistati ammetteva il consumo nell’anno precedente; il 3,8% nel corso della vita con dati in crescita rispetto agli anni precedenti. Il 39% ha iniziato prima dei 14 anni, molte sono ragazzine. I dati più recenti disponibili ci dicono che 2,5 milioni di adulti in Italia hanno provato cocaina nella vita. Mezzo milione nell’ultimo anno. Il rischio è che, molto presto, la sostanza diventi un burattinaio. Ci si arriva senza accorgersene, finché la vita non inizia a sfuggire di mano e si arriva al punto in cui non fa più effetto, garantendo solo paranoie. 30 secondi di euforia prima, 30 minuti di angoscia poi”.
La dipendenza non è una scelta, ma una malattia. “Proprio così. Va detto che smettere è
possibile, ma non è facile da soli, occorre un accompagnamento, un percorso. Una volta che si è imparato è come andare in bicicletta. Impossibile scordarselo. Sarebbe ideale non iniziare mai, non far conoscere al nostro corpo queste sostanze. Se invece accade e si finisce in difficoltà occorre cercare aiuto, rivolgersi agli esperti”.
Sulla diatriba tra droghe leggere e pesanti la dottoressa Rosa non ha dubbi: “Purtroppo esistono fazioni ideologiche, anche in politica. Io dico che la droga è droga e la dipendenza è dipendenza. Un esempio? La cannabis, ritenuta leggera, dà grossi problemi. Smetti di dormire, sei agitato, perdi libido, desiderio di fare le cose. L’astinenza da cannabis genera ansia, porta le persone a cercarla in continuazione e non ti permette di essere la persona che vuoi essere, quindi diventa un problema. Possiamo davvero definirla leggera? Anche un sacco di persone che usano cocaina affermano di non essere tossici perché non si fanno in vena. Ok, ma se non riesci a smettere e ogni pensiero ruota intorno alla cocaina, non sei più protagonista della tua vita. La droga ha preso il tuo posto”.
Nell’immaginario collettivo e nel pensiero dominante non mancano luoghi comuni errati e pericolosi. “Nei giovani c’è la percezione che tutti usino cannabis e sostanze. Non è vero, anche se il 40% di loro dichiarano di aver usato almeno una sostanza. Pensano che sia normale, che sia leggera, che chi la usa sia figo, che faccia gruppo. Bisognerebbe lavorare in famiglia, a scuola, negli oratori, nelle società sportive, sui canali di comunicazione per aiutare i ragazzi a costruire la loro identità lontano da questi modelli, costruendo fin da bambini modelli sani di appartenenza. La sensibilizzazione importante, fondamentale”.
Una sfida nobile e vitale. “Ricordiamoci che la cocaina può causare morte improvvisa, infarti, vasocostrizione, emorragie, danni polmonari e renali. Gli accessi in pronto soccorso sono numerosissimi, come i ricoveri per intossicazione. Dobbiamo promuovere stili di vita sani e dire le cose come stanno perché la percezione della pericolosità è bassissima. Anche il mito del superuomo che usa cocaina va debellato. Gli studi dicono che le performance non ne beneficiano. La cocaina porta vasocostrizione, brucia le riserve di glucosio, incrementa la frequenza cardiaca. Assumerla è folle per uno sportivo”.
L’illegalità, purtroppo, non è un deterrente. “C’è il penale per detenzione e spaccio, ma sembra non interessare. Nel mondo dei social, dove dobbiamo mostrare a tutti i costi la versione migliore di noi, quella infallibile, c’è chi si aggrappa alla cocaina pensando di potercela fare, di aggirare la pressione, di non sentirsi più sottovalutato. Promette risultati, buon umore, successo. Pura illusione. Ciò che avviene è l’esatto contrario”.
Bruno Forza
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