Chiariamolo in partenza: quando ci si appende a dei cavilli la speranza di ritirarsi su è piuttosto un’illusione. Il popolo bresciano ha ulteriore spazio emotivo per illudersi nuovamente? Crediamo ci sia un limite a tutto. Va però riportato quanto sta succedendo, ancora, sul tema fallimento sportivo del Brescia Calcio. Gli argomenti sul tavolo sono due, uno più realistico (e serio) rispetto all’altro. Partiamo da questo.
Tra i soggetti su cui si sta puntando il dito in queste ultime settimane c’è il Comune di Brescia, tacciato di essere stato immobile, passivo, in balia degli eventi nonostante un potere politico che avrebbe potuto fare la differenza. La sindaca Laura Castelletti si difende dicendo che la Giunta non poteva avere ruolo attivo nelle trattative di cessione, d’altra parte ora che i cocci si sono rotti prova a rimetterli insieme intavolando discorsi con possibili interlocutori, se non interessati magari interessabili. Opzione più plausibile, ripartire dai dilettanti con una matricola (e un nome) differente, almeno per il primo anno. Dovrebbe essere Eccellenza, ma potrebbe essere anche la Serie D, sfruttando il valore storico della società per il quale la Federazione potrebbe avviare un’iscrizione in sovrannumero. Il Comune vuole però tentare anche la strada della permanenza nel professionismo, in Serie C.
Per farlo, come spiega il Corriere Brescia, ci si potrebbe appoggiare agli articoli 17 e 18 delle NOIF (Norme Organizzative Interne Federali): “II mutamento di denominazione sociale delle società può essere autorizzato, sentito il parere della Lega competente, su istanza da inoltrare entro il 15 luglio”, e ancora: “Le domande di approvazione dei trasferimenti di sede devono essere presentate, in ambito professionistico, entro il 15 luglio di ogni anno, a patto che siano in un Comune confinante”.
Il passaggio logico viene immediato: Feralpisalò, Lumezzane e Ospitaletto, in rigoroso ordine alfabetico, sono società che risultano iscritte in C e che insistono su Comuni adiacenti a quello cittadino. Entro metà luglio, dunque, si potrebbe forse costituire, in fretta e furia, un matrimonio d’interesse con una di queste realtà. Giuseppe Pasini (dato più possibilista rispetto ad un passato in cui ha sempre negato con convinzione), Lodovico Camozzi (il patron del club presieduto dal maggior bomber della storia del Brescia Calcio, Andrea Caracciolo) e Giuseppe Taini (proprietario dei franciacortini con il supporto di Sandro Musso) ne stanno parlando in Loggia, ma resta difficile vedere un percorso comune all’orizzonte.
Per chi crede all’adagio “non è finita finché non è finita” c’è infine quella strada improbabile del salvataggio in extremis. Il Giornale di Brescia rivela come Cellino avesse chiesto alla Lega via mail una deroga al pagamento degli stipendi al 24 giugno a causa dello status sportivo del Brescia, sospeso tra B e C per via delle sentenze e al pari di Frosinone, Salernitana e Sampdoria (non iscritte ancora ad alcun campionato, perché effettivamente in un limbo, riconosciuto dalla Federazione, ma a posto con gli stipendi…). Ecco, a questa mail non sarebbe giunta risposta. Quindi per Cellino si tratta o di silenzio assenso, o di danno alla sua organizzazione, di qualcosa di “anticostituzionale”. Stiamo forse sforando nel teatro dell’assurdo, ma chi si stupisce più di qualcosa?