Bettinzoli, una lunga storia. Baldassari: "Che bello vincere con un gruppo di amici. Qui il calcio va oltre il campo"

Mario Bettinzoli fu un giovane partigiano bresciano, giustiziato nel 1944 appena 23enne. Tre anni dopo, nell’oratorio in cui era cresciuto, fu fondata una società di calcio che portava il suo nome. Oggi è il più antico club dilettantistico della città. A guidarlo è il presidente Amilcare Baldassari.

“Siamo nati e cresciuti all’oratorio di Don Bosco. Una storia lunga 71 anni, dal 1947 al 2018, finché per ragioni legate alle strutture abbiamo dovuto emigrare. Dopo la soluzione provvisoria al Villaggio Sereno, durata un anno e mezzo, si è presentata l’opportunità di mettere radici a Chiesanuova e abbiamo preso la palla al balzo. Ci siamo rimboccati le maniche per sistemare un contesto piuttosto fatiscente. Le difficoltà non sono mancate: abbiamo perso il 50% dei tesserati del settore giovanile perché le famiglie hanno preferito restare in zona, ma non ci siamo arresi e siamo riusciti a coinvolgere bambini e ragazzi di ogni età. Ora abbiamo circa 230 tesserati”.

A Chiesanuova è iniziata una nuova storia, coincisa con la realizzazione di un sogno da parte della prima squadra. “Inseguivamo la promozione da diversi anni e la scorsa primavera, finalmente, ci siamo riusciti. È stato un momento storico, con il ritorno in Seconda Categoria a 17 anni dall’ultima partecipazione. Un traguardo che segna definitivamente la nostra rinascita. Ne andiamo fieri. In bacheca abbiamo anche una recente Coppa Disciplina, che ha un significato profondo. Vincerla con i giovani è un conto, ottenerla con gli adulti significa che abbiamo dei valori e dei bravi ragazzi che indossano la nostra maglia. E pensare che anni fa avevamo la nomea di rissosi. Ero arrivato al punto di pensare al taglio della prima squadra. Per fortuna con l’ex mister Agostino Fazio abbiamo preso una piega positiva e sono cambiate le cose”.

Una squadra rifiorita nel segno della coesione del collettivo. “Negli ultimi 4-5 anni alla Betti si è creato un gruppo straordinario. I componenti della rosa e dello staff sono compagni in campo e amici fuori. Andrea Pederzani era giocatore e capitano. Quando si propose come nuovo allenatore ebbi qualche dubbio: era troppo amico dei giocatori. Mi ha stupito: è stato capace di cambiare ruolo nel modo giusto. Negli ultimi due anni in Terza casa nostra è diventata un fortino: solo vittorie, un solo pareggio”.

Accanto a Baldassari c’è il tecnico biancoblù, che racconta così il clima che si respira nello spogliatoio. “L’ho detto fin dal primo giorno ai ragazzi. In casa bisogna dare quel qualcosa in più e vendere cara la pelle. La società, in ogni caso, ci lascia tranquilli. L’anno scorso a cinque giornate dalla fine abbiamo perso una partita importante. Poteva complicarci la vita in ottica promozione, ma nessuno è venuto ad urlare negli spogliatoi. Qui si ride e si scherza, ma quando iniziano gli allenamenti e le partite cambiamo faccia e subentrano serietà e concentrazione. Per me è prioritaria la trasparenza nella comunicazione e nei rapporti. Se sei sincero puoi chiedere tutto dii tuoi giocatori, ti seguiranno sempre. Sono orgoglioso di questi ragazzi, che danno davvero il massimo. Tassi è la nostra stella, ma suda come gli altri e insieme agli altri”.

Gli occhi di Pederzani brillano ancora nel rispolverare i ricordi della passata stagione. “Dopo il fischio finale dell’ultima di campionato non capivo più niente. Non mi vergogno a dirlo: ho pianto. Vincere è fantastico, credo che questo sentimento sia il medesimo in ogni categoria. In estate ho ricevuto un paio di proposte, ma la Betti è casa mia e avevo dato la parola, che vale più dei rimborsi spese. Certo, ho l’ambizione di allenare e di farlo bene, anche in categorie superiori se sarà possibile. Forse un giorno ci separeremo, ma non sarà facile. Qui ho trascorso nove anni indimenticabili. Finché sarò qui darò tutto per questa maglia, qui si gioca con il cuore. È una mentalità che ho portato dal Sant’Andrea, che mi è stata trasmessa anni fa da persone fantastiche come Zanetti e Bettini. Il prossimo step sarà il patentino di allenatore. Sono iscritto di diritto avendo vinto il campionato”.

Tra i punti di forza della Bettinzoli, secondo Pederzani, c’è l’energia scaturita da chi gioca per pura passione. “Qui non si percepiscono rimborsi e forse è il bello di questo posto. Si gioca per il piacere di farlo e all’insegna della serenità. Di problemi non ce ne sono praticamente mai e nonostante una rosa di 25 elementi tutti si sentono coinvolti. Pensavo che qualcuno, dopo la passata stagione, volesse smettere, ma non è accaduto. Il legame alla maglia e al gruppo è forte. Diciamo che l’abolizione delle quote ci ha agevolati. Lasciare fuori grandi amici? È capitato. Due anni fa ai play-off toccò al nostro portiere. Siamo amici da vent’anni e per un paio di giorni non mi parlò. Normale. Poi tutto come prima”.

Il balzo dalla Terza alla Seconda non ha generato contraccolpi. 16 punti sin qui raccolti, con un confortante +6 sulla zona play-out. “Ottenere risultati di spessore anche in Seconda è possibile. Non vedo grandi differenze con la Terza. Ovviamente ci sono 3-4 squadre di caratura superiore, forti anche di budget importanti per la categoria, ma dietro c’è bagarre. Per ora dobbiamo pensare alla salvezza. Alla lunga si potrà alzare l’asticella, magari inserendo rinforzi, anche se la vecchia guardia è sempre una garanzia. L’esperienza conta, e si vede anche nelle nostre avversarie. Abbiamo le carte in regola per salvarci tranquillamente e dedicare le ultime giornate di campionato per dare spazio a chi ne avrà avuto meno. Speriamo che il film di questa stagione possa essere così”.

La palla torna al pres: “La Seconda Categoria è la nostra dimensione ideale. Prima? Non fa per noi. La Bettinzoli, infatti, non ci è mai arrivata. Occorre un’altra struttura, un’organizzazione diversa”.

Qui la filosofia è un’altra, anche nel settore giovanile. “Siamo focalizzati su un’attività di natura sociale, in cui le porte sono aperte a tutti. Giocare a calcio, per noi, è un diritto. È ovvio che poi ce la mettiamo tutta per far crescere bambini e ragazzi in qualità, andando anche alla ricerca di risultati, che aiutano sempre a generare entusiasmo. Affiliazioni? L’anno scorso eravamo legati alla Voluntas Montichiari. L’intenzione è proseguire per avere un traino di livello superiore. Loro sono scuola Inter e possono trasferire ai nostri staff competenze preziose. L’altro traino è proprio la prima squadra, che è anche sbocco per le giovanili. La speranza è quella di trovare dirigenti e allenatori disponibili ad aiutarci a crescere”.

Nel frattempo i genitori stanno facendo la loro parte. “Anche grazie alle famiglie si sono creati dei bei gruppi. I 2013 fanno spesso la grigliata qui al centro. Recentemente i 2014, in trasferta a Lodrino, hanno fatto tappa in agriturismo. Poi ci sono pizzate di squadra e momenti di condivisione. Il clima è famigliare. Deve essere così”.

Tutto questo avviene in un contesto messo a dura prova anche sul piano dell’integrazione. “All’oratorio di Don Bosco avevamo al nostro interno 27 nazionalità diverse. Molti, ovviamente, erano ragazzi di religione musulmana. Qui non è diverso, anche Chiesanuova è un quartiere multietnico e la maggioranza dei nostri tesserati è di origini straniere. È inevitabile. Gli italiani ormai viaggiano alla media di uno, massimo due figli. Le loro sono famiglie più numerose. Noi ci occupiamo di sport, ma il nostro desiderio è anche quello di passare messaggi di integrazione, pur nel rispetto delle differenze e di un’educazione civica che non può mancare. Pensiamo anche alla valorizzazione delle figure femminili e alla galanteria nei loro confronti, visto che abbiamo delle bambine nei nostri gruppi. Occorre sensibilità su tanti fronti, anche quello alimentare. Nelle nostre feste accanto alle tradizionali salamine non possono mancare i würstel di pollo”.

Bruno Forza

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