Castiglione, crescita esponenziale. Laudini: "Si può essere professionali anche nei dilettanti"

“Sono per un calcio identitario. Cerco di circondarmi di persone che vivono questo sport con il mio stesso spirito. Spiace vedere sempre più calciatori dilettanti che scelgono la loro destinazione in base a chi li paga di più, per i quali tutto il resto non conta. Così diventa difficile creare ambienti di un certo tipo, dove sia bello restare a lungo e vivere esperienze significative”.

Andrea Laudini, presidente del Castiglione, ci accoglie nella tana dei Mastini e il suo discorso parte da concetti di filosofia sportiva a lui cari: “Qui è stato fatto un lavoro importante su immagine e senso di appartenenza. Ho sempre pensato che fossero aspetti fondamentali. I nostri calciatori di ogni categoria indossano le stesse maglie e lo spogliatoio della prima squadra è da Serie A. Ci piace che quell’ambiente generi appeal verso i ragazzi delle giovanili, perché possano sognare di poterci arrivare. La domenica deve essere il momento clou della settimana. Qui è festa: deejay, vocalist, talvolta spiedo. Stiamo coltivando un sistema culturale che deve cancellare il distacco tra vivaio e prima squadra. Cerchiamo di coinvolgere allievi e juniores nel giro della prima squadra e, di riflesso, molti giocatori di Eccellenza allenano nel settore giovanile”.

Una visione che trova compimento nel rilancio delle strutture. “Abbiamo due campi a undici, uno in erba e uno sintetico, poi c’è quello a nove e ne stiamo costruendo uno a cinque, che sarà prezioso per i più piccoli e per avere introiti dagli affitti. Gli spogliatoi sono stati completamente ristrutturati. Da un lato c’è il supporto dell’amministrazione comunale; dall’altro il nostro impegno, unito a quello dei partner che abbiamo coinvolto. Non potevano mancare l’area ristoro e la club house. Riteniamo importante stare insieme, organizzare pranzi e cene, coinvolgere le famiglie. Il terzo tempo? Purtroppo è un’utopia nel calcio. Spesso qualche avversario si ferma con noi, perché in queste categorie ci si conosce un po’ tutti. Le porte sono aperte, ma sono dinamiche che non possono essere forzate, devono concretizzarsi naturalmente”.

In casa rossoblù è tornato l’entusiasmo. “Inizialmente c’era diffidenza nei nostri confronti. Il paese era reduce da numerosi cambi dirigenziali. Ci siamo conquistati la fiducia della gente e di un pubblico col palato fine, abituato a Serie C e D. Il primo anno c’era un nutrito gruppo ultrà. Purtroppo il Covid li ha un po’ fermati. So che vogliono riattivarsi e coinvolgere ragazzi giovani. Lo spero. Allo stadio abbiamo una media di 350-400 spettatori, numeri buoni, ma si può fare di più. Nel settore giovanile siamo passati da 150 a 420 tesserati. Il bacino è importante, Castiglione delle Stiviere ha 27mila abitanti, ma prima molti andavano a giocare altrove. Da giugno 2019 si è capito che qui c’è un progetto serio e di prospettiva. Negli anni di pandemia non ci siamo abbattuti, concentrandoci sulle strutture e sullo sviluppo di un’organizzazione che potesse consentirci di fare la differenza una volta ripartiti”.

Programmazione, investimenti e grande impegno. “Siamo qui tutte le sere a partire dalle 17.30. Ho la fortuna di avere al mio fianco una persona come Giancarlo Perani, con cui condivido tutto e che mi completa. La nostra è un’amicizia importante, forte di un rapporto saldo e di una visione comune. Ci piace garantire estrema fiducia a chi crede in noi: bisogna dare le chiavi della macchina a persone con cui c’è intesa e che sentono dentro l’energia di questo progetto. Il settore giovanile, ad esempio, è stato affidato ad Enrico Mangili, colonna della prima squadra. Ha grande interesse e passione per questo ruolo. Venne qui a 16 anni, poi ha girato parecchio ed è tornato. Tra Vighenzi e Castiglione, dove si è stabilito in pianta stabile con i suoi affetti, è con me da sette anni”.

A proposito di Vighenzi c’è stato un inevitabile distacco tra Laudini e il suo primo amore. “Inizialmente l’idea era fare qualcosa che coinvolgesse entrambe le realtà, ma con il passare del tempo ci siamo accorti che non era possibile. Il Castiglione richiede un impegno gravoso, che non può essere frazionato, tuttavia vedo spesso i dirigenti biancoazzurri, ci sentiamo e con alcuni ho progetti condivisi. Il legame era e resta indissolubile, ma dovevo tornare qui, dove ho vissuto la maggior parte della mia vita e dove ho ritrovato tante persone, riallacciando amicizie. Essere alla guida del Castiglione è motivo d’orgoglio. Da bambino abitavo di fronte al vecchio stadio Cardone. Mi piace l’idea di contribuire, oggi, al presente e al futuro di questa società”.

Il settore giovanile è il cuore pulsante del progetto. “Per noi è fondamentale. Vogliamo diventare un punto di riferimento come sono state negli anni realtà come Pavoniana ieri e Desenzano oggi. Crediamo si debba lavorare tanto sui piccoli, sarà l’onda generata da loro che ci porterà a crescere. L’obiettivo è conquistare la categoria superiore con almeno 5-6 ragazzi provenienti dal vivaio. Ci proviamo già ora, puntando sui più pronti, ma che non sono figli di un percorso imbastito da noi. I club professionistici ci tengono d’occhio. L’anno scorso due ragazzini sono andati alla Cremonese, quest’anno tre più uno alla Feralpisalò. C’è qualità. Se si lavora bene si ottengono risultati. Non tarpiamo le ali ai talenti, chi è più dotato deve andare a fare esperienze di spicco, poi se non avrà sbocchi tornerà qui con un bagaglio importante”.

Tutto questo portando avanti nuove idee di natura tecnica e imbastendo sinergie sul territorio. “Abbiamo creato il metodo rossoblù, un sistema di allenamento circolare. Si lavora senza differenziazione di gruppi, su stazioni controllate da quattro allenatori e un coordinatore. Lo stiamo esportando nei paesi dell’hinterland, con i quali facciamo rete. L’intento non è quello di comandare, ma di aiutare le società più piccole nel segno della condivisione, della formazione e della video analisi. Con le società professionistiche non abbiamo affiliazioni in corso, ma facciamo parecchi test match. Se vogliono vedere i nostri ragazzi le porte sono aperte”.

La prima squadra è in piena corsa play-off, ma qual è l’obiettivo a medio termine? “Posizionarci appena sotto il livello professionistico. Succederà quando saremo maturi, senza assilli. La comfort zone ideale sarebbe la Serie D, da inseguire con calma, crescendo in maniera organica su tutti i fronti. Se avessimo avuto fretta non avremmo investito tanto nel settore giovanile. Il piano è tornare grandi, con i tempi giusti e con il bilancio in regola. Il sogno è un Castiglione in D con juniores nazionali e sotto campionati élite. È quello che meritiamo per la storicità del club e l’impegno che ci stiamo mettendo. In vista dell’anno prossimo puntiamo alla filiera completa dei regionali. Stiamo lavorando in questa direzione”.

In Eccellenza c’è grande bagarre. “Il livello è medio-alto. L’anno scorso il Lumezzane aveva una marcia in più. Quest’anno sulla carta il Cast Brescia è la più attrezzata, ma per vincere non servono solamente i giocatori. Deve funzionare davvero tutto. Serve un clima di un certo tipo. Recentemente mi sono emozionato nel sentire cori e grida di gioia uscire dal nostro spogliatoio. È brutto quando non percepisci la felicità dopo una vittoria, quando non si avverte l’entusiasmo all’interno di un gruppo. Stiamo crescendo molto da quel punto di vista, ed è fondamentale. In una squadra servono intesa, aiuto reciproco, legami. Sono queste le priorità. Scelgo queste doti prima di pensare ai risultati come ossessione, anche perché se hai queste qualità a livello di collettivo prima o poi vinci”.

Visti i numeri imponenti del vivaio la dirigenza rossoblù ha deciso di aggiungere un ulteriore sbocco al termine del percorso negli juniores. “Abbiamo creato l’Atletico Castiglione, composto da under 23 che disputano il campionato di Terza Categoria. Speriamo di conquistare presto la promozione in Seconda, categoria ideale per questo progetto mirato a consentire a più ragazzi possibile di continuare a giocare”.

L’occhio al sociale, dunque, è sempre vigile. “Ci sono diversi progetti, come la scuola calcio per disabili in collaborazione con l’associazione Fiordaliso di Castiglione; il doposcuola per bambini e ragazzi delle elementari e delle medie; il servizio di trasporti per dare una mano alle famiglie nella gestione degli impegni settimanali. Era partita anche la prima squadra femminile, ma la pandemia ha complicato molto il suo percorso. Mi dispiace, anche perché nelle giovanili abbiamo tante ragazzine”.

Nella logica di offrire più opzioni possibili a bambini e ragazzi rientra anche l’opportunità del doppio tesseramento giocatore-arbitro. “Un progetto intelligente. Ci piacerebbe diventare il polo alto mantovano in questo senso, per aiutare l’Aia a reagire alla carenza di arbitri. Credo che sia anche un’opportunità educativa per smetterla di vedere l’arbitro come nemico. Se arriva dal calcio ed è stato calciatore è sicuramente meglio”.

C’è davvero tanta carne al fuoco sul braciere. “Ho sempre pensato che si dovesse portare professionalità nel mondo dei dilettanti – conclude Laudini -, questo non significa credersi professionisti, ma semplicemente puntare a fare le cose per bene. Cosa non mi piace del nostro calcio? Gli atteggiamenti da superstar che troppo spesso vedo sui campi, che vanno di pari passo con la visione distorta di certi genitori, che vedono nel figlio talentuoso un potenziale biglietto della lotteria. Una volta mamme e papà davano poca importanza allo sport. Contavano studio e lavoro. Ora è diverso, e per i ragazzi quella che era solo passione è diventata opportunità di guadagno. Temo sia un problema serio del calcio. Negli altri sport non vedo questo arrivismo. C’è più cultura. Il parallelismo con il rugby è inquietante. Se portassimo il loro agonismo in un campo di calcio ci sarebbe una rissa ogni cinque minuti. Lì invece si finisce con la birra in mano tutti insieme”.

Bruno Forza

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