Bergomi, giovane presidente della Rudianese. "Abbiamo vinto superando i nostri limiti. Vogliamo crescere"

“In questi anni sono cresciuto e cambiato molto. Era inevitabile. Quando devi gestire un’associazione con un seguito importante orgoglio e responsabilità si mescolano e sai di dover dare il massimo”. Parola di Alberto Bergomi, che a soli 29 anni è uno dei dirigenti più giovani del panorama dilettantistico bresciano.

Il presidente descrive così gli albori del nuovo corso societario: “La Rudianese ha una lunga storia, con realtà precedenti alla nostra che, in passato, hanno militato in categorie importanti come la Serie D. La versione odierna è frutto dell’iniziativa di alcune mamme del paese che, nel 2013, decisero di fondare una realtà focalizzata sull’attività di base per dare la possibilità di giocare ai propri figli. Successivamente si è aggiunta la prima squadra, trasformando la formazione locale degli amatori in una Terza Categoria. Io ho iniziato allenando per tre stagioni nel vivaio, poi ho presentato un progetto di rilancio del settore giovanile che ha definito le fattezza della Rudianese di oggi”.

Dietro allo stemma gialloverde ci sono i volti, le storie e la quotidianità di oltre 150 famiglie. “Chiedersi chi te l’ha fatto fare credo capiti a tutti i dirigenti sportivi dei dilettanti di tanto in tanto. Gestendo realtà come la nostra capisci che tante volte ci si arena davanti a piccoli problemi tranquillamente superabili. Per me all’inizio è stata dura, ma i rapporti umani che nascono ti danno la forza per andare avanti. Giuseppe Mercandelli è il mio braccio destro, figura fondamentale per me e per il percorso che abbiamo intrapreso. Anche grazie a lui questa esperienza mi sta rendendo una persona migliore: ho imparato a gestire nel migliore dei modi i rapporti con le persone, sono riuscito a portare un cambio di mentalità nella società e ad alzare l’asticella, prendendo anche decisioni complesse. All’inizio c’erano 12 dirigenti: troppi per gestire le cose al meglio. Abbiamo dovuto cambiare linea e purtroppo in paese c’è chi non mi saluta più, ma rifarei le stesse scelte: ho messo gli interessi della società davanti a tutto”.

I numeri danno ragione a Bergomi, con la cantera bassaiola che è passata da 50 bambini a 150, con una decina di squadre dai primi calci agli allievi alcune delle quali doppie su singole annate: “Il mio obiettivo era crescere e ci siamo riusciti, ma sarà sempre più difficile perché ci sono sempre meno ragazzi che giocano a calcio. La mentalità delle nuove generazioni è cambiata. È venuto meno lo spirito di sacrificio e già negli allievi, ma soprattutto negli juniores, si zoppica. Una decina di anni fa la chiamata in prima squadra era un premio, oggi è vissuta come un peso. È un problema che si riflette anche sulle prime squadre,  perché quando smetteranno i vecchi non so se ci sarà lo stesso ricambio che abbiamo riscontrato in passato. Non solo: noi da piccoli trascorrevamo i sabati e le domeniche in oratorio a giocare. Ricordo interi pomeriggi ai giardini. Non è più così. La passione è più blanda. Noi l’anno prossimo non riusciremo a fare né Juniores né Allievi”. 

Le eccezioni, tuttavia, non mancano: “Il nostro gioiello è il classe ’04 Fenaroli. Lo abbiamo promosso dagli allievi in prima squadra. È un centrocampista molto interessante. Restarebbe volentieri, ma farà gola a molti. Può fare un anno da titolare fisso in Seconda, poi vedremo. Se mette la testa sul calcio è destinato a fare categorie superiori. Lui è un ragazzo speciale, uno di quelli che sacrifica il sabato sera e la domenica pomeriggio per il pallone”.

Il focus si sposta sulla prima squadra, reduce dalla vittoria del campionato. “Ci tengo a sottolineare che non diamo rimborsi. Gli unici ragazzi pagati sono quelli che oltre a giocare in Terza allenano nel settore giovanile. Essere riusciti a vincere con questa politica è una grande soddisfazione. Vuol dire che siamo stati bravi e, sebbene i meriti principali siano di mister e giocatori, possiamo gioire anche noi dirigenti, che dedichiamo tanto tempo e passione a questa causa. Quanto alla squadra il gruppo ha fatto la differenza, perché dal punto di vista tecnico non eravamo i più forti. Va detto che, talvolta, abbiamo anche fatto risultato senza meritarlo del tutto, ma se perdi una sola partita nell’arco di una stagione significa che hai fatto qualcosa di grande. Siamo andati oltre i nostri limiti e abbiamo brillato per continuità, prendendoci il primato con l’entusiasmo e la fame. Siamo stati un piccolo Milan. Mister Sali? Vuole cercare di giocare sempre a calcio, anche se siamo in Terza. Con lui è difficile vedere lanci lunghi, che in questa categoria sono cosa diffusa. Mi piace che la Rudianese sia così, una squadra che tiene palla a terra, propositiva e offensiva, soprattutto sul nostro campo. Su altri è davvero difficile giocare”.

Ora lo sguardo si proietta al futuro: “Vincere è sempre bello. Abbiamo vissuto momenti di gioia pura. Ora però dobbiamo concentrarci su una Seconda Categoria da mantenere, anche se sarei un bugiardo dicendo che non voglio puntare ai play-off. La ricetta per riuscirci credo sia portare qui 4-5 giovani di spessore e un paio di vecchi per alzare il livello in termini di esperienza e leadership. L’obiettivo sarà ovviamente la salvezza, ma spero si possa riuscire a fare di meglio. A medio termine ritengo si possa approdare in Prima Categoria,  a meno che non entrino nuovi sponsor in grado di alzare l’asticella perché le ambizioni devono essere sempre commisurate alle risorse economiche”.

Tra le società dalle quali si può imparare qualcosa Bergomi sceglie il Rovato: “Sono amico del presidente Alberto Lancini, una bravissima persona. Con lui è piacevole e costruttivo collaborare perché è uno di parola, che rispetta i patti. Altre società, invece, non si comportano benissimo, anche quelle professionistiche. In questi anni ho avuto la conferma che l’abito non fa il monaco. C’è stato chi ha promesso e non ha mantenuto, portando via bambini dimenticando gli accordi presi. Il problema è che io non ho nessun potere di fronte a personaggi di questo tipo. La Rudianese è sempre stata e sarà sempre disponibile ad aiutare i suoi talenti a sbocciare, ma così non è giusto. Il bambino bravo deve essere  libero di andare, ma alla società che l’ha coltivato va riconosciuto qualcosa perché investiamo su istruttori di qualità, strutture, organizzazione, eccetera”.

Anche a causa di queste scottature non ci sono affiliazioni attive: “Anni fa ci legammo al Parma, ma senza grandi benefici. Andiamo avanti per la nostra strada, porte aperte a tutti ma operando con indipendenza, forti di un centro sportivo di rilievo. Avere tre campi è una fortuna e grazie al Comune presto ci sarà un nuovo sintetico. L’amministrazione ci è vicina, anche se spesso collaborando con loro ci scontriamo con le difficoltà tipiche della burocrazia italiana. Speranze? Il sostegno di qualche sponsor in più non guasterebbe. La riforma dello sport? Credo che trasformare i volontari in dipendenti sarebbe un colpo letale, che causerebbe il tracollo delle società sportive dilettantistiche e amatoriali”.

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